TEDx Cuneo, 6 maggio 2023
Chiedete mai ai vostri figli se sono felici a scuola? Me lo chiedo spesso anch’io. In tanti anni di insegnamento, ho osservato via via la scuola perdere di vista le più ovvie e consolidate conoscenze pedagogiche, fino ad arrivare al paradosso di un’istruzione povera, standardizzata, burocratica e noiosa (anche se non ovunque, per fortuna!) e a intere classi di studenti ormai passivi e rassegnati. Un adolescente passivo e spento è qualcosa di contraddittorio e spaventoso insieme. Non dovrebbe essere un’esplosione di energia e di entusiasmo? Che cosa manca perché questo avvenga? Dobbiamo dare risposta a questa domanda. E poi ce ne sono altre: qual è il modello educativo adatto a riscattare questa generazione di ragazzi? Quale adulto immaginiamo come risultato dell’intero percorso? In sostanza, quale mondo futuro vogliamo costruire?
Intanto, chiariamo: educare e istruire non sono la stessa cosa. Spesso la scuola istruisce, ma rinuncia a educare. L’istruzione è trasmissione di conoscenze, ma l’educazione è molto di più. L’educazione è una forma d’arte, la più gravida di futuro; essa guarda in avanti, all’uomo nuovo da plasmare, ed è insieme ricca del sapere tramandato dal passato. I nostri ragazzi hanno bisogno non solo di istruzione, ma anche e soprattutto di educazione, perché hanno bisogno di guardare al futuro. Provate a chiedere ai vostri figli come immaginano il proprio futuro e chi vogliono diventare. Vi accorgerete che molti di loro non riescono a vedere nulla davanti a sé, al massimo qualche incerta prospettiva lavorativa. Il mondo in cui viviamo è troppo liquido e incomprensibile. Tocca a noi, perciò, aiutarli a pensare un futuro vivibile e a sostenerli nel complicato processo di scoprire chi sono.
Il nostro ruolo è di essere per loro un ponte fra passato e futuro. L’essenza dell’educazione è proprio conservare e rinnovare insieme; il suo fine è scoprire e sviluppare le potenzialità e i talenti dei nostri ragazzi e farli crescere con cura amorevole. Quando un ragazzo esprime la sua essenza profonda nell’agire e nel conoscere, è appagato e in pace con se stesso. Maria Montessori lo diceva: il bambino è un “embrione spirituale”, per via delle infinite potenzialità che può esprimere.
Dobbiamo allora chiederci: qual è il modello di uomo che vogliamo per il XXI secolo? In pieno Umanesimo, Giovanni Pico della Mirandola ci ha spiegato che cosa è l’uomo: l’uomo è un grande miracolo, scrive, perché ha la capacità di plasmare se stesso e di scegliere se degenerare al livello dei bruti o rigenerarsi nella sua natura divina. Pico ci ha detto tutto ciò che ci serve: per la rinascita dell’umano e per la fioritura del seme divino che ci portiamo dentro ognuno di noi deve sviluppare la sua libertà interiore e la sua creatività. Perché non ci può essere un essere umano senza libertà interiore e creatività. Sarebbe uno schiavo senza coscienza, e noi non vogliamo questo per i nostri figli. Perciò ora più che mai è necessario dar vita a un nuovo umanesimo, per rimettere al centro i più autentici bisogni umani e la dignità dell’uomo. I nostri ragazzi proprio di questo hanno bisogno: di senso, di relazione e di direzione. E questo è il nostro compito di educatori.
Il mondo che verrà, se vogliamo ancora un mondo umano e non un incubo transumano, dovrà essere più consapevole e più giusto. Dovrà essere fondato sulla cooperazione e sui valori spirituali, non certo sulla competizione e sull’avidità. E quando parlo di spiritualità non do al termine alcuna connotazione religiosa o new age. Semplicemente lo spirito è ciò che rende l’uomo umano, è l’insieme delle qualità più alte: etica, responsabilità, giustizia, amore, empatia, bellezza. La spiritualità, infatti, è autotrascendenza, ovvero capacità di elevarsi al di sopra della propria mera natura biologica e animale e di gettare uno sguardo all’Oltre, all’oceano sconfinato delle potenzialità di essere e dei mondi possibili. Senza questa qualità speciale, non avremmo la musica di Bach, i dipinti della Cappella Sistina di Michelangelo, i disegni di Leonardo, i capolavori architettonici dell’arte gotica o la Divina Commedia di Dante.
La scuola del mondo che verrà sarà un luogo di gioia, di libertà consapevole e di crescita integrale, ovvero fisica, emotiva, intellettuale e spirituale insieme. Una testa riempita di nozioni frammentarie è simile ad un ammasso di mattoni senza calce e senza progetto. Non ci serve! Ci serve, invece, quello che diceva Michel de Montaigne nel ‘500: formare una testa ben fatta, non ben piena, formare una persona sveglia, integra, che sviluppi armoniosamente corpo, mente, anima e spirito, che abbia amore per la verità e per la bellezza.
Nella scuola del mondo che verrà si imparerà in piccoli gruppi, nella natura, in spazi belli e luminosi. L’esperienza dell’imparare e del collaborare con gli altri dovrà essere sempre associata a vissuti gratificanti e stimolanti. A queste condizioni, la scuola sarà il luogo più amato dai bambini e dai ragazzi. Saranno felici, perché la loro naturale curiosità e la motivazione a mettersi alla prova saranno ampiamente soddisfatte. D’altra parte, non sarà più necessaria la competizione; perciò non ci saranno voti, ma i ragazzi riceveranno costanti rimandi sui loro progressi. La tecnologia digitale, che li ha resi dipendenti e depotenziati, avrà uno spazio minimo, almeno fino all’adolescenza. Dobbiamo dare il tempo al cervello di formare le vie neurali necessarie al pensiero complesso. Per questo serve usare le mani e fare esperienza. Si impara facendo, infatti, e anche sbagliando. Si dovrà riscoprire la felicità dell’errore, che, quando accolto e analizzato, stimola l’onestà intellettuale e la creatività.
Ci siamo chiesti quali siano i bisogni fondamentali dei bambini e dei ragazzi? Solo riconoscendoli possiamo dar vita ad una scuola su misura per loro: movimento all’aperto, gioco, natura, relazione, amicizia, fiducia, manualità, bellezza, empatia, ma soprattutto senso. Molti ragazzi sono annoiati a scuola, proprio perché non riescono a trovare il senso di ciò che studiano, cioè a rispondere alla domanda: “A che scopo lo faccio?”. È difficile essere felici, se non si riesce a dare un senso alla propria vita e al proprio agire. Per questo ci servono insegnanti formati e selezionati con molta cura, dotati di talento pedagogico e di competenza comunicativa, studiosi appassionati delle loro materie, persone capaci di relazioni autentiche e oneste ed entusiasti di stimolare continuamente i ragazzi al limite delle loro possibilità. Niente è più efficace di un insegnante che ama ciò che insegna e che sollecita a farsi domande. Come scriveva François Rabelais, “il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. Tutti ricordiamo con nostalgia gli insegnanti che hanno saputo accendere in noi la fiamma del desiderio di conoscenza.
Per questo motivo ho provato a dar vita, due anni fa, ad una comunità educativa ispirata al modello del Giardino filosofico di Epicuro. Ho radunato un gruppo di adolescenti dai 16 ai 20 anni e con loro e con alcuni colleghi ho fatto l’esperienza di una serie di seminari residenziali di alcuni giorni nel verde. Abbiamo condiviso i pasti, le passeggiate, le meditazioni, i laboratori di teatro, di musica, di arte, di aikido, di consapevolezza emozionale e tanto, tantissimo sapere dai campi più disparati: storia, letteratura, fisica quantistica, economia, scienze, filosofia, psicologia, mass media, comunicazione. Abbiamo parlato della morte e della bellezza, della mente e della coscienza, della libertà e del senso della vita. Erano tristi e demotivati all’inizio; man mano vedevo rinascere in loro la gioia, la vita, il desiderio di conoscere.
Ne ho concluso che per la nuova educazione, integrale e fondata sui valori spirituali perenni, ci servono la conoscenza di sé, la trasversalità, il pensiero critico, l’integrità e la creatività.
Conoscere se stessi è fondamentale per far brillare la propria luce interiore e per ricordare chi si è veramente: un’essenza divina, ci ha detto Pico. Vuol dire soprattutto conoscere a fondo anche il proprio lato in ombra. Vuol dire comprendere le trappole della mente e sviluppare la Coscienza. Perciò a scuola si imparerà la mindfulness, la presenza a se stessi, alle proprie sensazioni fisiche, alle emozioni e ai pensieri. Per esempio, si imparerà che la consapevolezza del respiro aiuta a gestire l’ansia e che si può riuscire a osservare i pensieri con distacco.
Dovremo insegnare ai ragazzi ad avere una mente aperta e non bloccata da pregiudizi. Perciò occorre superare le barriere stagne delle discipline e sviluppare la trasversalità. L’eccesso di specializzazione ci fa guardare al mondo attraverso il buco della serratura. Ma in un mondo tanto complesso occorrono strumenti per decifrare la complessità, collegando fra loro ambiti diversi del sapere e dando vita a intuizioni e sintesi originali. Come l’uomo universale del Rinascimento, l’allievo del futuro dovrà abbracciare vasti orizzonti.
Non ci può essere senso a scuola senza il pensiero critico. Chi pensa con la propria testa può riconoscere falsità e inganni e difendere la propria libertà. Come si può sviluppare il pensiero critico a scuola? Per esempio, imparando a farsi domande e non dando niente per scontato, invece di ripetere passivamente un sapere predigerito. Oppure imparando a riconoscere le manipolazioni linguistiche, logiche, storiche, statistiche che distorcono la realtà. Perciò servono la storia, la lingua, la logica, la matematica. Li ho visti, gli studenti dopo questo tipo di lavoro: diventano svegli e pronti a mettere in discussione tutto ciò che sentono, anche da me!
Non se ne parla mai, ma non c’è educazione senza integrità. L’integrità ha a che fare con il senso di avere dei sani confini personali e di farli rispettare. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a volersi bene, ad essere empatici con se stessi, a prendersi cura di sé con responsabilità. Solo così lo faranno anche con gli altri. Possiamo essere soddisfatti, quando i nostri allievi imparano la meravigliosa capacità di dire di no a ciò che è dannoso a sé o agli altri.
La creatività è la principale caratteristica dello spirito umano e la più necessaria nella scuola del futuro. Creatività è capacità di plasmare se stessi e di trasformare il mondo in modo imprevedibile. Nella scuola del mondo che verrà, avranno un posto centrale le discipline creative, come l’arte, la musica, la danza, la poesia, il teatro. Ma la creatività riguarda qualunque attività intellettuale: per esempio, la matematica, la filosofia, l’educazione, e perfino l’agire quotidiano. Creatività non è assenza di regole, ma apertura mentale, ricchezza ideativa, audacia e insieme disciplina interiore e massima concentrazione. Per valorizzare nei nostri ragazzi la creatività, però, anche gli insegnanti dovranno essere creativi, e questo significa liberarsi dall’abitudine e dai pregiudizi. Non vi è creatività senza bellezza. La bellezza è la via d’accesso ai mondi spirituali. Per questo si dovrà educare a riconoscere e a creare il bello. Senza la sensibilità al bello, l’essere umano si svilisce. Un momento indimenticabile che ho vissuto con i ragazzi dei residenziali è stato vederli completamente assorti e rapiti nell’ascoltare la lettura teatrale del discorso di Diotima sulla Bellezza nel Simposio di Platone, seduti in cerchio in mezzo al bosco.
La scuola del mondo che verrà sarà viva, una vera scuola di vita, perciò richiederà massimo coinvolgimento non solo degli insegnanti, ma anche dei genitori. Noi adulti dovremo imparare a nostra volta a esprimere al meglio le nostre qualità spirituali, perché tutti noi per i ragazzi siamo dei modelli da imitare. Si può insegnare infatti solo ciò che si è. Noi dovremo essere quindi autorevoli, saper ascoltare, saper dialogare, saper accogliere. Un adulto autorevole usa la forza in modo protettivo, mai coercitivo, e dà poche regole, ma chiare e condivise; soprattutto riesce ad essere autentico. La ricerca scientifica in psicologia ha mostrato un’interessante correlazione fra autenticità e benessere psicologico. Si sta bene con chi ci dà amore, onestà e rispetto. E lo si riconosce subito!
Per gli uomini e le donne di domani, l’insegnante sarà la figura più preziosa da prendere a modello per crescere interiormente forti, autonomi, sensibili e svegli. Bambini e ragazzi hanno bisogno di veri maestri. Questa sarà la nostra responsabilità di adulti verso le generazioni future: testimoniare ai giovani come si diventa ciò che si è nel profondo di se stessi. Solo così ritroveremo le qualità più alte dell’essere umano e potremo costruire mondi sociali più giusti, consapevoli e felici.
Tutto questo può sembrarvi extra-ordinario; in realtà sta già avvenendo.