Il mondo in cui viviamo – competitivo, materialista, individualista, predatorio – sembra fatto apposta per mantenere le coscienze addormentate. Se si dovesse utilizzare una categoria psicopatologica per definire il profilo di personalità più adatta a sopravvivervi, potremmo individuarla nella personalità antisociale, che gli psicoanalisti, non senza maggiore precisione concettuale, definiscono “psicopatica”. I termini non sono del tutto sinonimi, perché il primo pone l’attenzione sui comportamenti manifesti, mentre il secondo individua più sottilmente particolari meccanismi psicologici profondi, che possono risultare non riconoscibili all’esterno.
La persona affetta da disturbo antisociale (o psicopatia) manifesta insofferenza per le regole, indifferenza verso le sofferenze degli altri, completa assenza di empatia, di scrupoli morali e di rimorso. Può mentire spudoratamente o danneggiare gli altri senza provare alcuna emozione e non si assume la responsabilità delle proprie azioni. Molti politici, manager, operatori del mondo finanziario, scientifico, giornalistico, tecnologico, militare, e ovviamente molti criminali di ogni livello presentano un profilo simile, magari nella variante del narcisismo maligno (categoria psicopatologica definita da Otto Kernberg, che associa narcisismo e tratti antisociali), e quindi riescono pure a diventare leader ammirati e osannati. Potenza dell’illusione.
Poiché il denaro, il potere e il successo sono diventati i valori dominanti nelle nostre società occidentali, e poiché i soggetti antisociali li perseguono con determinazione e senza esclusione di colpi, non fermandosi là dove un essere umano meno patologico incontrerebbe un limite invalicabile nella sua coscienza, è più facile incontrarli proprio ai vertici della società, nei posti di comando e dovunque, sottratti allo sguardo indiscreto dei più, possano perseguire i propri obiettivi senza ostacoli o interferenze.
Sarebbe perciò sbagliato illudersi che, se per noi qualcosa appare inconcepibile nella sua brutalità, ingiustizia o cattiveria, sia impossibile da mettere in atto. Per una personalità gravemente psicopatica può invece risultare del tutto indifferente o addirittura necessario e giustificabile. Anzi, può rafforzare il suo senso di grandiosità e di onnipotenza, vero nucleo patologico del disturbo. A complicare le cose, la deresponsabilizzazione che deriva dall’agire all’interno di un gruppo e nell’anonimato può produrre effetti mostruosi per gli esseri umani e per l’ambiente. Lo hanno spiegato bene i tre registi canadesi – Marc Achbar, Jennifer Abbott, Joel Bakan – del documentario The Corporation (2004) sulle multinazionali.
Per questo, ritengo che le opzioni che ciascuno di noi ha davanti a sé siano fondamentalmente tre: accettare questo tipo di gioco senza regole e integrarsi in esso; subirlo, cercando di difendersi come si può; sviluppare una coscienza più elevata e uscire dal gioco.
Nella mia esperienza professionale, ho incontrato molte persone infelici. Non si vive bene in un mondo così basso. Poiché siamo esseri multidimensionali, fatti di corpo, mente e spirito, la mancata integrazione di tutti i livelli del nostro essere genera sofferenza, depressione, rabbia, paura e infelicità. Per stare bene, abbiamo bisogno di amore, di bellezza, di armonia, di cooperazione, di creatività, di libertà, di giustizia, di consapevolezza. Insomma, di recuperare dentro di noi, donne e uomini, il Femminile spirituale che è stato represso per secoli.
Per questo non si può separare la cura della psiche dalla cura del corpo e dello spirito né si può ignorare il contesto in cui viviamo. Non possiamo star bene se il mondo va a rotoli. Perciò su questo sito si trova anche un Blog, Fuori dal Labirinto, di riflessione critica e propositiva sulle contraddizioni del nostro mondo, e si parla di Rebis, un gruppo di studio e di formazione orientato a riportare equilibrio fra Maschile e Femminile interiore. Spiritualità (laica) e politica (nel senso nobile di bene comune) non sono separabili, se si vuole davvero cambiare paradigma. Tutte le rivoluzioni (con buona pace del grande Marx) cominciano dal risveglio delle coscienze. L’economia e la politica devono tornare ad essere, come in origine nella filosofia greca, una sezione dell’etica e mettere la dignità umana al centro. In pratica, per noi Italiani vuol dire riprenderci e realizzare la Costituzione del ’48, che ci viene demolita e strappata a pezzetti ogni giorno da almeno trent’anni.
L’antidoto al degrado attuale, che ci porterà all’autoannientamento se non invertiamo la rotta, consiste nello sviluppare nella vita quotidiana le qualità spirituali, che ci elevano e ci restituiscono vitalità e gioia di vivere. Guarda a caso, sono l’esatto opposto dei tratti della personalità antisociale:
- l’ETICA, diversa dalla morale perché non è costituita da norme e precetti, sempre variabili nello spazio e nel tempo, ma è fondata sul rispetto profondo della propria e altrui dignità e integrità;
- la RESPONSABILITÀ, ovvero la capacità di prevedere le conseguenze delle proprie azioni, di valutarne l’impatto sugli altri e su noi stessi, di riconoscere i propri errori e di agire in modo costruttivo per fare ciò che è giusto e per rimettere le cose a posto;
- la GIUSTIZIA, che è il risultato certo dell’agire eticamente e responsabilmente;
- l’AMORE, che non è da intendersi solo come un sentimento che istituisce legami, ma anche e soprattutto come il riconoscimento dell’essenza nostra e altrui e il desiderio di elevare ed elevarci;
- la GIOIA, che si prova quando si è allineati con il proprio centro interiore, superando la paura, la rabbia e il senso di colpa.
Non c’è felicità autentica senza consapevolezza. Questo è l’obiettivo di un autentico lavoro su di sé.
Fatti non foste a viver come bruti , / ma per seguir virtute e canoscenza.
Dante Alighieri, canto XXVI dell’Inferno, vv. 119-120
Su questo argomento, si può leggere l’articolo Si può parlare di spiritualità in politica? Ovvero: come decolonizzare le menti dall’ideologia neoliberista.