Indottrinamento scolastico?

Una riflessione sul senso pedagogico degli interventi nelle scuole, anche su bambini molto piccoli, finalizzati alla sessualizzazione precoce e all’intervento medico-chirurgico nella disforia di genere.

Emergender

Piazza Libertà con Armando Manocchia – puntata 72

Armando Manocchia torna ad occuparsi dei bambini e dell’emergenza gender in questa puntata di “Piazza Libertà” dal titolo: “Emergender”.

Una questione già affrontata altre volte in passato che subdolamente passa troppo spesso sottotraccia ma che, oggi più che mai, rappresenta invece un’urgenza sulla quale accendere i riflettori.

Ne discutiamo insieme a Silvia GueriniFrancesca Romano PolettiRomano PalladinoPatrizia ScanuInes Buonora e Giusy D’Amico.

Il Piano Scuola 4.0: a chi giova? [parte seconda]

Nella prima parte di questa analisi del Piano Scuola 4.0, dicevo che il documento è sconcertante per diversi aspetti: per ciò che dice, per ciò che tace e per ciò che dà per scontato. Abbiamo visto a grandi linee che cosa dice: si parla di didattica digitale, ambienti digitali di apprendimento, scuola digitale, innovazione digitale, competenze digitali, spazi virtuali di apprendimento, formazione dei docenti alle tecnologie digitali, potenziamento delle discipline STEM e del pensiero computazionale. Ma che cosa tace?

  1. Sono completamente assenti i bisogni educativi di bambini e ragazzi. Un progetto così radicale presuppone la conoscenza approfondita delle ragioni del declino dell’istruzione pubblica e delle esigenze reali degli alunni. La devastazione psicologica prodotta dall’interruzione scolastica, dall’isolamento, dalla DAD, dalle misure coercitive, dalla mancanza di empatia per i loro bisogni irrinunciabili di movimento, di contatto fisico, di gioco, di socialità, di natura non viene mai menzionata nel documento. Addirittura, si considera “esperienza” l’immersione nel metaverso, che è negazione dell’esperienza reale.
  • Non si fa alcun cenno ai rischi di esposizione ai CEM (campi elettromagnetici) né ai danni ai processi di apprendimento. Una corposa letteratura scientifica indipendente mette in allarme sui possibili effetti biologici dannosi dell’esposizione prolungata ai CEM, e in una scuola di media grandezza si trovano router wireless e centinaia, se non migliaia di dispositivi elettronici, soprattutto smartphone. Parliamo di ragazzi in fase di crescita e quindi più sensibili, ma anche dei docenti, per non parlare dei soggetti elettrosensibili. Chi se ne preoccupa?

I danni ai processi di apprendimento sono certificati da una vastissima letteratura internazionale, come riassume il documento citato della VII Commissione del Senato:

Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica… Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche.

  • Manca completamente un dibattito pedagogico sull’argomento. Non c’è stato un coinvolgimento dell’opinione pubblica, dei pedagogisti, degli insegnanti sull’opportunità di stravolgere così profondamente la didattica, visti i risultati sconfortanti della DAD e la diffusione dei fenomeni di dipendenza da digitale, soprattutto nei primi gradi dell’istruzione. Né si fa alcun cenno al fatto che i Paesi nordici, Svezia e Finlandia in testa, dopo aver constatato il fallimento della didattica digitale, stanno ritornando a carta e penna e guardano all’Italia come a un modello da imitare. L’UNESCO, in un rapporto recente parla di “tragedia ed-tech mondiale”: è aumentata la disparità fra studenti e sono peggiorati gli apprendimenti.
  • Manca ogni riferimento alla letteratura scientifica e ai dati internazionali consolidati. Nella propaganda mediatica ormai senza pudore in cui viviamo immersi, la “scienza” viene tirata in ballo solo come giustificazione di scelte politiche o economiche predeterminate, ma ignorata completamente quando afferma verità scomode o mette in discussione dogmi superstiziosi. Il documento non presenta alcuna bibliografia a sostegno di quanto afferma, a parte qualche generico riferimento non argomentato.
  • Mancano le reali esigenze della scuola. Nella ormai cronica carenza di mezzi in cui versano le scuole da decenni per incuria o per precisa volontà politica, la pioggia di denaro del PNRR appare come un acquazzone nel deserto. Ma i fondi sono vincolati in gran parte all’acquisto di tecnologia digitale, mentre ad una didattica dignitosa manca spesso l’essenziale: aule ampie e salubri, edifici sicuri, palestre attrezzate e in numero adeguato, classi meno numerose, docenti adeguatamente formati e selezionati, dirigenti più educatori e meno burocrati, continuità didattica, fondi adeguati per le attività di progettazione educativa, spazi aperti, materiali di consumo, laboratori aggiornati eccetera.
  • Manca qualunque confronto democratico nel processo decisionale e viene violata la libertà di insegnamento. Il Piano Scuola 4.0 può essere solo accettato dalle scuole, pena il commissariamento, in spregio a qualunque principio democratico, nonostante sia dichiaratamente volto a modificare in modo radicale tutta la didattica in funzione della tecnologia, anziché sostenere i docenti nel progettare un uso della tecnologia funzionale alle esigenze didattiche, come sarebbe ovvio in ossequio al principio della libertà di insegnamento, che “è diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni”(art. 1 del d. lgs. 16 aprile 1994 n. 297). Si profila un’evidente lesione delle libertà costituzionali, che sono la principale garanzia di un insegnamento non orientato all’indottrinamento ideologico. Addirittura, si prospetta un avanzamento di carriera unicamente fondato sull’adesione completa alla digitalizzazione forzata.
  • Manca la base giuridica e costituzionale. Come abbiamo già osservato, questa trasformazione radicale della didattica a targa WEF (World Economic Forum, citato a pagina 31 del Piano Scuola 4.0) è passata senza un voto parlamentare e senza una legge, solo come allegato ad un decreto ministeriale, che avrebbe facoltà al più di dare indirizzi all’organizzazione del Ministero dell’Istruzione. Rimando alla puntuale disamina giuridica del prof. Giuliano Scarselli.
  • Mancano l’educazione, la cultura umanistica, la formazione della persona umana, che sono il patrimonio più prezioso della tradizione culturale italiana e il contenuto del dettato costituzionale. Poiché è chiaro che alla scuola non si daranno fondi per aumentare le ore di lezione, l’inserimento forzato delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, nominate sempre in inglese) toglierà spazio alle materie umanistiche (storia, filosofia, geografia, italiano eccetera), rendendo la scuola non più un luogo di produzione di cultura e di formazione di menti pensanti, ma una ludoteca permanente o al più – anche nei licei – un luogo di specializzazione precoce di tecnici dalle ristrette competenze e ignoranti su tutto ciò che conta per un’esistenza non appiattita su lavoro e svago. La scuola della Costituzione non ha come fine il lavoro, ma la crescita di cittadini critici e consapevoli, che avranno le basi per affrontare qualunque sfida professionale con un retroterra di conoscenza solida e nutrita dalla nostra gloriosa tradizione umanistica e artistica. Del nostro immenso patrimonio culturale non c’è traccia nel documento.
  • Manca ogni riferimento all’obsolescenza delle tecnologie. Nel giro di pochi anni, tutta la tecnologia ora acquistata diventerà obsoleta e occorreranno ingenti risorse per rinnovarla. Verranno così stornati ulteriori fondi dalla scuola a favore delle aziende produttrici, come è avvenuto nella sanità con i profarmaci genici. Del resto, privatizzare le risorse pubbliche per arricchirsi e condizionare le politiche degli Stati è un obiettivo delle multinazionali.

Infine, che cosa dà per scontato questo bizzarro (e pericoloso) documento? Che il digitale sia l’unica via per migliorare la scuola; che i docenti siano tutti d’accordo e siano obbligati ad applicarlo (un’offerta che non si può rifiutare!); che gli obiettivi indicati nel Piano Scuola 4.0 (innovazione, sicurezza, inclusione, sostenibilità) si realizzino con l’imposizione del digitale; che gli insegnanti debbano rinunciare alla libertà di insegnamento e gli studenti al diritto ad un’istruzione libera e democratica; che sia necessaria la gerarchizzazione dei docenti in base alla fedeltà al Piano Scuola 4.0; che il digitale porterà alla riduzione della dispersione scolastica e ad un futuro radioso per i giovani; che la scuola debba essere finalizzata all’inserimento lavorativo; che l’inserimento precoce nell’ambiente aziendale sia un vantaggio formativo per gli studenti; che i privati debbano avere accesso al mondo della scuola e trarne profitto; che si possa trasformare radicalmente la scuola con un semplice decreto ministeriale, senza passare per il Parlamento e ignorando le regole.

Ciascuna di queste convinzioni appare priva di fondamento logico, giuridico e pedagogico, quando non è completamente falsa; soprattutto, l’idea di scuola che veicola appare eversiva rispetto al dettato costituzionale, che vuole la scuola come il luogo dove si formano le persone umane alla libertà, alla dignità, al rispetto di sé e degli altri, alla ricerca della verità e al dialogo democratico, vissuti quotidianamente nella relazione educativa e alimentati da un contesto sociale che mette al centro i valori umani e l’educazione.

Non si può perciò accantonare il sospetto che proprio l’attacco al principale organo costituzionale (come lo definiva Piero Calamandrei) e alla crescita sana dei più giovani, dopo le misure carcerarie devastanti della pandemia e insieme all’ingresso forzato della sessualità precoce a scuola, abbia il fine preciso di distruggere l’identità culturale, sociale e individuale di un popolo unico al mondo per creatività e amore della bellezza, che ha smarrito il senso profondo e spirituale della sua inestimabile ricchezza. Sulle macerie di questa guerra asimmetrica non dichiarata bisognerà ricostruire tutto daccapo.

Pubblicato l’8 settembre 2023 sul blog Tra terra e cielo https://wordpress.com/post/traterraecieloblog.wordpress.com/52012

Decreto Caivano: Il Governo non considera i danni di lockdown e digitale – CHE IDEA TI SEI FATTO? Puntata dell’8/09/2023

Il governo Meloni ha varato il decreto Caivano a seguito di diversi episodi di stupri di gruppo che hanno coinvolto minorenni sia tra le vittime che tra i criminali. Il provvedimento del Governo punta all’incremento delle pene nei confronti dei minori e sembra tenere in poca considerazione l’aspetto culturale ed educativo delle nuove generazioni. Sullo sfondo ci sono infatti i tre anni di restrizioni a cui sono stati costretti i più giovani, unite all’utilizzo sempre più diffuso degli strumenti digitali. Ne parliamo con la psicologa Patrizia Scanu e con Pietro Ratto, docente e filosofo.

Il Piano Scuola 4.0: a chi giova? [parte prima]

“Dove comanda il denaro, le leggi non valgono niente.”

Petronio Arbitro

Esaltato come una straordinaria occasione di rinnovamento della scuola pubblica, il Piano Scuola 4.0, adottato il 14 giugno 2022 come allegato del Decreto Ministeriale 16 aprile 2022 n. 161, presenta in realtà parecchi aspetti sconcertanti: per ciò che dice, per ciò che tace e per ciò che dà per scontato. Anche la modalità è anomala: come rilevato da alcuni giuristi, fra i quali il prof. Giuliano Scarselli dell’Università di Siena, il documento suscita non pochi dubbi di legittimità costituzionale, perché modifica radicalmente contenuti e funzionamento della scuola senza passare attraverso un vaglio del Parlamento.

“Se […] si provvede ad una digitalizzazione della scuola nella dimensione estesa e massiva sopra richiamata, allora par chiaro che una simile trasformazione non può assimilarsi ad una mera operazione pratica di investimenti, in quanto travolge la scuola nei suoi valori e principi primi, e dunque l’attuazione del PNRR[1] andava data con una fonte normativa primaria, e non con un regolamento ministeriale”.

Un Decreto Ministeriale, di natura amministrativa, non ha e non dovrebbe avere infatti valenza di legge.

Ma andiamo con ordine. Che cosa dice il Piano Scuola 4.0? Che il problema della scuola sono gli spazi di apprendimento (non i locali malsani e fatiscenti, le classi-pollaio, gli insegnanti precari, mal selezionati e mal pagati, la burocratizzazione del sistema, il progettificio prodotto dall’autonomia scolastica, la cronica e intollerabile carenza di fondi o l’incuria della politica), che occorrono “ambienti di apprendimento innovativi”, che l’”ecosistema di apprendimento” adatto a questa generazione di studenti richiede non solo spazio e tecnologia, ma anche formazione, organizzazione del tempo e metodologie didattiche. Con un salto logico carpiato, si conclude che tutta la comunità scolastica deve impegnarsi “per rendere sostenibile il processo di transizione verso un più efficace modello formativo ed educativo”, quello digitale. Tradotto in parole povere: bisogna digitalizzare la scuola, adattare le aule alla didattica digitale (next generation classrooms), formare obbligatoriamente gli insegnanti a utilizzarla (in tutti i gradi di istruzione), modificare i tempi e l’organizzazione scolastica in funzione delle tecnologie digitali e usare metodi adatti al contesto digitale, ovvero avvalersi “delle pedagogie innovative quali apprendimento ibrido, pensiero computazionale, apprendimento esperienziale, insegnamento delle multiliteracies e debate, gamification” (se non capite, non preoccupatevi. Non siete i soli. La lingua coloniale non dovrebbe essere presente in un testo legislativo). Per le superiori, i next generation labs dovranno insegnare “robotica e automazione; intelligenza artificiale; cloud computing; cybersicurezza; internet delle cose; making e modellazione e stampa 3D/4D; creazione di prodotti e servizi digitali; creazione e fruizione di servizi in realtà virtuale; comunicazione digitale; elaborazione, analisi e studio dei big data; economia digitale, e-commerce e blockchain.

E perché non impiegare il tempo-scuola in attività noiose come leggere, scrivere, analizzare testi, potenziare il lessico o la capacità di argomentare studiando latino, greco, storia e filosofia, visto che le ore di lezione non aumenteranno? Perché – dice il testo senza alcuna argomentazione – questo modello formativo, fondato sulle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics: tutto rigorosamente in inglese) – sarebbe più efficace: utilizza infatti ampiamente l’apprendimento ibrido, che mescola realtà fisica e realtà virtuale. Paradossalmente, il metaverso, emblema stesso dell’autismo percettivo volontario che aliena da ogni forma di contatto sociale reale, dovrebbe ampliare gli spazi di comunicazione sociale. Come se la tragedia della DAD, dell’isolamento, della dispersione scolastica conseguente, della perdita di identità e di senso di milioni di ragazzi non fosse stata abbastanza distruttiva per questa sfortunata generazione.

Così leggiamo che l’Europa, anzi, in primis la Commissione europea non eletta, febbrilmente concentrata a realizzare gli obiettivi dell’Agenda 2030 (innovazione, inclusione, sicurezza, equità, sostenibilità: la retorica è la stessa, vuota e ingannevole; poi spiegherò perché), da quasi due decenni promuove la digitalizzazione della scuola, affinché “i cittadini europei possiedano le competenze necessarie per prosperare nell’economia verde del futuro, come le competenze digitali e lo spirito imprenditoriale”.

“Gli ambienti fisici di apprendimento non possono essere oggi progettati senza tener conto anche degli ambienti digitali (ambienti on line tramite piattaforme cloud di e-learning e ambienti immersivi in realtà virtuale) per configurare nuove dimensioni di apprendimento ibrido. L’utilizzo del metaverso in ambito educativo costituisce un recente campo di esplorazione, l’eduverso, che offre la possibilità di ottenere nuovi “spazi” di comunicazione sociale, maggiore libertà di creare e condividere, offerta di nuove esperienze didattiche immersive attraverso la virtualizzazione, creando un continuum educativo e scolastico fra lo spazio fisico e lo spazio virtuale per l’apprendimento, ovvero un ambiente di apprendimento onlife”.

Nel mondo fantasmagorico dell’onlife (nel quale il reale è risucchiato nel virtuale), del metaverso e dell’immersione nel mondo parallelo virtuale, nel quale i pargoli verranno allevati fin dall’asilo nido, sollevati dal peso insostenibile dello studio e della fatica intellettuale, gli studenti italiani dovrebbero miracolosamente sviluppare competenze sociali, empatia, creatività, pensiero critico (!), benessere emotivo, abilità cognitive e metacognitive, responsabilità, collaborazione, abilità di problem solving[2] e via sognando. Non piuttosto distacco completo dalla realtà, dipendenza dal digitale, narcisismo, ignoranza o incapacità di relazione. Il mondo dell’esperienza reale è assente nel documento. Nessun dubbio, nessuna incertezza. Si tratta di parole inconsistenti, vaghe e luccicanti come quelle della pubblicità dei profumi. Servono ad impressionare, a suscitare un’emozione, a creare un’atmosfera, a intortare le persone, per farla breve. Come scriveva George Orwell, “Se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero”. E qui il pensiero è completamente sciolto e nebulizzato dal linguaggio suggestivo.

Il filosofo Harry Frankfurt definirebbe questo linguaggio “bullshit”, stronzata, ovvero un linguaggio che mira a persuadere senza alcun riguardo per la verità. Non è menzogna, perché chi mente si preoccupa della verità e cerca di nasconderla, mentre al “bullshitter” non interessa se quello che dice è vero o falso[3]. Perché il suo scopo non è la verità, ma la creazione di una cortina fumogena ammaliante come il canto delle Sirene. In questo caso, il fine sembra essere la concretizzazione di un’agenda economica e ideologica insieme. 2,1 miliardi di euro non sono noccioline, e andranno in buona parte a Big Tech, alle aziende (per lo più straniere) del digitale, palesemente galvanizzate da tanta manna. Lo illustra bene, per esempio, l’articolo sponsorizzato da Vodafone sul Corriere della Sera, che un lettore sprovveduto potrebbe prendere per una notizia seria. Così la scuola verrà piegata ad interessi economici privati, secondo il modello neoliberista classico (privatizzare i profitti e socializzare le perdite), e la gente sarà contenta che finalmente la scuola italiana si svecchi e deponga i suoi abiti logori e polverosi, fatti di libri, matite e gessetti. Del resto, abbiamo ingoiato tutto, anche 40 anni di documenti e slogan che spingono verso l’aziendalizzazione della scuola e la sua subordinazione al mondo del lavoro, con la retorica della “didattica per competenze”[4].

Nel 2020, mentre i nostri ragazzi (in Italia, non dappertutto) erano agli arresti domiciliari e in DAD, il Consiglio dell’Unione europea invitava gli Stati membri a “compiere ulteriori sforzi per accelerare la trasformazione digitale dei sistemi di istruzione e formazione”, vista l’esperienza della pandemia. In direzione completamente opposta, la VII Commissione Istruzione del Senato, all’unanimità, dopo aver audito decine di esperti, licenziava nel giugno 2021 un documento breve, ma folgorante nella sua chiarezza (leggetelo!) sugli effetti delle tecnologie digitali sui processi di apprendimento. Ci spiega così quello che la ricerca scientifica seria e indipendente sa da anni: “Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri”. Non poteva essere detto in modo più incisivo. E allora? Allora si va avanti con la rivoluzione digitale e l’”eduverso”, naturalmente. Ce lo chiede l’Europa, e noi obbediamo, spesso senza neppure cogliere la contraddizione. Del resto, le istituzioni che, come il liceo Albertelli di Roma, rifiutano di applicare il Piano sono esposte al commissariamento. L’offerta non si può rifiutare. È per il nostro bene, come dubitarne?

[continua]

Pubblicato sul sito https://www.traterraecielo.live


[1] Il Piano Scuola 4.0 fa parte del più ampio piano di investimenti del PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Missione 4 del PNRR – Istruzione e ricerca, componente 1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università, “prevede complessivamente 5 linee di intervento che avranno un impatto diretto e indiretto sui processi di digitalizzazione scolastica.

  • L’investimento 2.1 “Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico” stanzia 800 milioni di euro per la realizzazione di un sistema, multidimensionale e strategico, di formazione continua degli insegnanti e del personale scolastico con un’offerta formativa di oltre 20.000 corsi per la formazione di 650.000 fra dirigenti scolastici, docenti, personale scolastico, tecnico e amministrativo, e l’adozione di un quadro di riferimento nazionale per l’insegnamento digitale integrato, per promuovere l’adozione di curricoli sulle competenze digitali in tutte le scuole.
  •  L’investimento 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi” (1,1 miliardi di euro) si concentra sullo sviluppo delle competenze informatiche necessarie al sistema scolastico per svolgere un ruolo attivo nella transizione verso i lavori del futuro e di percorsi didattici e di orientamento alle discipline scientifiche (STEM – scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), anche per superare i divari di genere.
  • L’investimento 3.2 “Scuola 4.0 – Scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori” prevede un finanziamento di 2,1 milioni di euro per la trasformazione di 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi e la creazione di laboratori per le professioni digitali del futuro, in sinergia con i 900 milioni di euro di fondi strutturali REACT EU, attualmente in corso di attuazione, per il cablaggio degli edifici scolastici e la digitalizzazione didattica e amministrativa delle scuole.
  • L’investimento 1.4 “Sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (ITS)”, con un finanziamento di 1,5 miliardi, è finalizzato alla valorizzazione della filiera formativa specialistica legata all’ Impresa 4.0, Energia 4.0 e Ambiente 4.0 e al potenziamento dei laboratori con tecnologie digitali.
  • Fra le misure relative all’edilizia scolastica particolari sinergie verranno attivate con riferimento alla Missione 2, Componente 3, linea di investimento 1.1 “Piano di sostituzione di edifici scolastici e di riqualificazione energetica”, che interviene su oltre 200 edifici scolastici innovativi, promuovendo la progressiva sostituzione di parte del patrimonio edilizio scolastico obsoleto con l’obiettivo di creare strutture moderne e sostenibili e ambienti scolastici in grado di rendere efficace l’insegnamento e l’apprendimento. Grazie all’adozione di linee guida comuni, tale iniziativa potrà essere replicabile sui territori”.

[2]Le Next Generation Classrooms favoriscono l’apprendimento attivo di studentesse e studenti con una pluralità di percorsi e approcci, l’apprendimento collaborativo, l’interazione sociale fra studenti e docenti, la motivazione ad apprendere e il benessere emotivo, il peer learning, il problem solving, la co-progettazione, l’inclusione e la personalizzazione della didattica, il prendersi cura dello spazio della propria classe. Contribuiscono a consolidare le abilità cognitive e metacognitive (pensiero critico, pensiero creativo, imparare ad imparare e autoregolazione), le abilità sociali ed emotive (empatia, autoefficacia, responsabilità e collaborazione), le abilità pratiche e fisiche (uso di nuove informazioni e dispositivi di comunicazione digitale)”.

[3] Harry Frankfurt, On Bullshit, Princeton University Press, 2005, p. 61.

[4] Come ho spiegato in questo dialogo: Scuola, ultimo atto: quando la competenza scaccia la conoscenza. Altro che inclusione!

La pianificazione delle nostre vite

Piazza Libertà – puntata 62

In Piazza libertà si parla spesso di temi che riguardano la nostra vita che talvolta viene pianificata in modo criminoso da organizzazioni pseudo-istituzionali.
Per noi l’obiettivo è infondere conoscenza, consapevolezza e anche in questa puntata cerchiamo di farlo parlando di Pianificazioni. Dal Piano Scuola 4.0, una pianificazione per la distruzione e non certo per l’istruzione, al Piano OMS che attraverso un documento vuole inserire il “diritto sessuale” dei bambini. Parleremo anche del Piano ONU per la riduzione della popolazione, ma anche di Università, transizione digitale, transumanesimo e infine di “Un cuore che batte”, la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare per contribuire a diminuire le interruzioni di gravidanza. Gli ospiti della puntata: Patrizia Scanu, psicologa e insegnante; Ramona Palladino, mamma e giurista, Alessio Fortunati, biologo molecolare e scrittore, Alessandro Meluzzi, psichiatra e scrittore; Maurizio Martucci, giornalista e scrittore, Aldo Rocco Vitale, Docente di Filosofia del Diritto. Giorgio Celsi, presidente di Ora et Labora.

Dalla formazione alla formattazione. Così il Piano Scuola 4.0 punta alla demolizione della scuola italiana.

Puntata 58 del 29 luglio 2023

Dalla formazione alla formattazione. Così il Piano Scuola 4.0 punta alla demolizione della scuola italiana attraverso un decreto legge di fatto incostituzionale. In questa nuova puntata di “Piazza Libertà” Armando Manocchia ci accompagna nel “progetto di distruzione” della scuola italiana. Ospiti di questa puntata: Patrizia Scanu, insegnante e psicologa; Filomena Maggino, professore di Statistica sociale Università La Sapienza di Roma; lo psichiatra Alessandro Meluzzi e Daniele Trabucco, costituzionalista.

Qui si può scaricare il documento della VII Commissione del Senato sull’impatto del digitale sugli studenti:

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1299729.pdf

La scuola del mondo che verrà

TEDx Cuneo, 6 maggio 2023

Chiedete mai ai vostri figli se sono felici a scuola? Me lo chiedo spesso anch’io. In tanti anni di insegnamento, ho osservato via via la scuola perdere di vista le più ovvie e consolidate conoscenze pedagogiche, fino ad arrivare al paradosso di un’istruzione povera, standardizzata, burocratica e noiosa (anche se non ovunque, per fortuna!) e a intere classi di studenti ormai passivi e rassegnati. Un adolescente passivo e spento è qualcosa di contraddittorio e spaventoso insieme. Non dovrebbe essere un’esplosione di energia e di entusiasmo? Che cosa manca perché questo avvenga? Dobbiamo dare risposta a questa domanda. E poi ce ne sono altre: qual è il modello educativo adatto a riscattare questa generazione di ragazzi? Quale adulto immaginiamo come risultato dell’intero percorso? In sostanza, quale mondo futuro vogliamo costruire?

Intanto, chiariamo: educare e istruire non sono la stessa cosa. Spesso la scuola istruisce, ma rinuncia a educare. L’istruzione è trasmissione di conoscenze, ma l’educazione è molto di più. L’educazione è una forma d’arte, la più gravida di futuro; essa guarda in avanti, all’uomo nuovo da plasmare, ed è insieme ricca del sapere tramandato dal passato. I nostri ragazzi hanno bisogno non solo di istruzione, ma anche e soprattutto di educazione, perché hanno bisogno di guardare al futuro. Provate a chiedere ai vostri figli come immaginano il proprio futuro e chi vogliono diventare. Vi accorgerete che molti di loro non riescono a vedere nulla davanti a sé, al massimo qualche incerta prospettiva lavorativa. Il mondo in cui viviamo è troppo liquido e incomprensibile. Tocca a noi, perciò, aiutarli a pensare un futuro vivibile e a sostenerli nel complicato processo di scoprire chi sono.

Il nostro ruolo è di essere per loro un ponte fra passato e futuro. L’essenza dell’educazione è proprio conservare e rinnovare insieme; il suo fine è scoprire e sviluppare le potenzialità e i talenti dei nostri ragazzi e farli crescere con cura amorevole. Quando un ragazzo esprime la sua essenza profonda nell’agire e nel conoscere, è appagato e in pace con se stesso. Maria Montessori lo diceva: il bambino è un “embrione spirituale”, per via delle infinite potenzialità che può esprimere.

Dobbiamo allora chiederci: qual è il modello di uomo che vogliamo per il XXI secolo? In pieno Umanesimo, Giovanni Pico della Mirandola ci ha spiegato che cosa è l’uomo: l’uomo è un grande miracolo, scrive, perché ha la capacità di plasmare se stesso e di scegliere se degenerare al livello dei bruti o rigenerarsi nella sua natura divina. Pico ci ha detto tutto ciò che ci serve: per la rinascita dell’umano e per la fioritura del seme divino che ci portiamo dentro ognuno di noi deve sviluppare la sua libertà interiore e la sua creatività. Perché non ci può essere un essere umano senza libertà interiore e creatività. Sarebbe uno schiavo senza coscienza, e noi non vogliamo questo per i nostri figli. Perciò ora più che mai è necessario dar vita a un nuovo umanesimo, per rimettere al centro i più autentici bisogni umani e la dignità dell’uomo. I nostri ragazzi proprio di questo hanno bisogno: di senso, di relazione e di direzione. E questo è il nostro compito di educatori.

Il mondo che verrà, se vogliamo ancora un mondo umano e non un incubo transumano, dovrà essere più consapevole e più giusto. Dovrà essere fondato sulla cooperazione e sui valori spirituali, non certo sulla competizione e sull’avidità. E quando parlo di spiritualità non do al termine alcuna connotazione religiosa o new age. Semplicemente lo spirito è ciò che rende l’uomo umano, è l’insieme delle qualità più alte: etica, responsabilità, giustizia, amore, empatia, bellezza. La spiritualità, infatti, è autotrascendenza, ovvero capacità di elevarsi al di sopra della propria mera natura biologica e animale e di gettare uno sguardo all’Oltre, all’oceano sconfinato delle potenzialità di essere e dei mondi possibili. Senza questa qualità speciale, non avremmo la musica di Bach, i dipinti della Cappella Sistina di Michelangelo, i disegni di Leonardo, i capolavori architettonici dell’arte gotica o la Divina Commedia di Dante.

La scuola del mondo che verrà sarà un luogo di gioia, di libertà consapevole e di crescita integrale, ovvero fisica, emotiva, intellettuale e spirituale insieme. Una testa riempita di nozioni frammentarie è simile ad un ammasso di mattoni senza calce e senza progetto. Non ci serve! Ci serve, invece, quello che diceva Michel de Montaigne nel ‘500: formare una testa ben fatta, non ben piena, formare una persona sveglia, integra, che sviluppi armoniosamente corpo, mente, anima e spirito, che abbia amore per la verità e per la bellezza.

Nella scuola del mondo che verrà si imparerà in piccoli gruppi, nella natura, in spazi belli e luminosi. L’esperienza dell’imparare e del collaborare con gli altri dovrà essere sempre associata a vissuti gratificanti e stimolanti. A queste condizioni, la scuola sarà il luogo più amato dai bambini e dai ragazzi. Saranno felici, perché la loro naturale curiosità e la motivazione a mettersi alla prova saranno ampiamente soddisfatte. D’altra parte, non sarà più necessaria la competizione; perciò non ci saranno voti, ma i ragazzi riceveranno costanti rimandi sui loro progressi. La tecnologia digitale, che li ha resi dipendenti e depotenziati, avrà uno spazio minimo, almeno fino all’adolescenza. Dobbiamo dare il tempo al cervello di formare le vie neurali necessarie al pensiero complesso. Per questo serve usare le mani e fare esperienza. Si impara facendo, infatti, e anche sbagliando. Si dovrà riscoprire la felicità dell’errore, che, quando accolto e analizzato, stimola l’onestà intellettuale e la creatività.

Ci siamo chiesti quali siano i bisogni fondamentali dei bambini e dei ragazzi? Solo riconoscendoli possiamo dar vita ad una scuola su misura per loro: movimento all’aperto, gioco, natura, relazione, amicizia, fiducia, manualità, bellezza, empatia, ma soprattutto senso. Molti ragazzi sono annoiati a scuola, proprio perché non riescono a trovare il senso di ciò che studiano, cioè a rispondere alla domanda: “A che scopo lo faccio?”. È difficile essere felici, se non si riesce a dare un senso alla propria vita e al proprio agire. Per questo ci servono insegnanti formati e selezionati con molta cura, dotati di talento pedagogico e di competenza comunicativa, studiosi appassionati delle loro materie, persone capaci di relazioni autentiche e oneste ed entusiasti di stimolare continuamente i ragazzi al limite delle loro possibilità. Niente è più efficace di un insegnante che ama ciò che insegna e che sollecita a farsi domande. Come scriveva François Rabelais, “il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. Tutti ricordiamo con nostalgia gli insegnanti che hanno saputo accendere in noi la fiamma del desiderio di conoscenza.

Per questo motivo ho provato a dar vita, due anni fa, ad una comunità educativa ispirata al modello del Giardino filosofico di Epicuro. Ho radunato un gruppo di adolescenti dai 16 ai 20 anni e con loro e con alcuni colleghi ho fatto l’esperienza di una serie di seminari residenziali di alcuni giorni nel verde. Abbiamo condiviso i pasti, le passeggiate, le meditazioni, i laboratori di teatro, di musica, di arte, di aikido, di consapevolezza emozionale e tanto, tantissimo sapere dai campi più disparati: storia, letteratura, fisica quantistica, economia, scienze, filosofia, psicologia, mass media, comunicazione. Abbiamo parlato della morte e della bellezza, della mente e della coscienza, della libertà e del senso della vita. Erano tristi e demotivati all’inizio; man mano vedevo rinascere in loro la gioia, la vita, il desiderio di conoscere.

Ne ho concluso che per la nuova educazione, integrale e fondata sui valori spirituali perenni, ci servono la conoscenza di sé, la trasversalità, il pensiero critico, l’integrità e la creatività.

Conoscere se stessi è fondamentale per far brillare la propria luce interiore e per ricordare chi si è veramente: un’essenza divina, ci ha detto Pico. Vuol dire soprattutto conoscere a fondo anche il proprio lato in ombra. Vuol dire comprendere le trappole della mente e sviluppare la Coscienza. Perciò a scuola si imparerà la mindfulness, la presenza a se stessi, alle proprie sensazioni fisiche, alle emozioni e ai pensieri. Per esempio, si imparerà che la consapevolezza del respiro aiuta a gestire l’ansia e che si può riuscire a osservare i pensieri con distacco.

Dovremo insegnare ai ragazzi ad avere una mente aperta e non bloccata da pregiudizi. Perciò occorre superare le barriere stagne delle discipline e sviluppare la trasversalità. L’eccesso di specializzazione ci fa guardare al mondo attraverso il buco della serratura. Ma in un mondo tanto complesso occorrono strumenti per decifrare la complessità, collegando fra loro ambiti diversi del sapere e dando vita a intuizioni e sintesi originali. Come l’uomo universale del Rinascimento, l’allievo del futuro dovrà abbracciare vasti orizzonti.

Non ci può essere senso a scuola senza il pensiero critico. Chi pensa con la propria testa può riconoscere falsità e inganni e difendere la propria libertà. Come si può sviluppare il pensiero critico a scuola? Per esempio, imparando a farsi domande e non dando niente per scontato, invece di ripetere passivamente un sapere predigerito. Oppure imparando a riconoscere le manipolazioni linguistiche, logiche, storiche, statistiche che distorcono la realtà. Perciò servono la storia, la lingua, la logica, la matematica. Li ho visti, gli studenti dopo questo tipo di lavoro: diventano svegli e pronti a mettere in discussione tutto ciò che sentono, anche da me!

Non se ne parla mai, ma non c’è educazione senza integrità. L’integrità ha a che fare con il senso di avere dei sani confini personali e di farli rispettare. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a volersi bene, ad essere empatici con se stessi, a prendersi cura di sé con responsabilità. Solo così lo faranno anche con gli altri. Possiamo essere soddisfatti, quando i nostri allievi imparano la meravigliosa capacità di dire di no a ciò che è dannoso a sé o agli altri.

La creatività è la principale caratteristica dello spirito umano e la più necessaria nella scuola del futuro. Creatività è capacità di plasmare se stessi e di trasformare il mondo in modo imprevedibile. Nella scuola del mondo che verrà, avranno un posto centrale le discipline creative, come l’arte, la musica, la danza, la poesia, il teatro. Ma la creatività riguarda qualunque attività intellettuale: per esempio, la matematica, la filosofia, l’educazione, e perfino l’agire quotidiano. Creatività non è assenza di regole, ma apertura mentale, ricchezza ideativa, audacia e insieme disciplina interiore e massima concentrazione. Per valorizzare nei nostri ragazzi la creatività, però, anche gli insegnanti dovranno essere creativi, e questo significa liberarsi dall’abitudine e dai pregiudizi. Non vi è creatività senza bellezza. La bellezza è la via d’accesso ai mondi spirituali. Per questo si dovrà educare a riconoscere e a creare il bello. Senza la sensibilità al bello, l’essere umano si svilisce. Un momento indimenticabile che ho vissuto con i ragazzi dei residenziali è stato vederli completamente assorti e rapiti nell’ascoltare la lettura teatrale del discorso di Diotima sulla Bellezza nel Simposio di Platone, seduti in cerchio in mezzo al bosco.

La scuola del mondo che verrà sarà viva, una vera scuola di vita, perciò richiederà massimo coinvolgimento non solo degli insegnanti, ma anche dei genitori. Noi adulti dovremo imparare a nostra volta a esprimere al meglio le nostre qualità spirituali, perché tutti noi per i ragazzi siamo dei modelli da imitare. Si può insegnare infatti solo ciò che si è. Noi dovremo essere quindi autorevoli, saper ascoltare, saper dialogare, saper accogliere. Un adulto autorevole usa la forza in modo protettivo, mai coercitivo, e dà poche regole, ma chiare e condivise; soprattutto riesce ad essere autentico. La ricerca scientifica in psicologia ha mostrato un’interessante correlazione fra autenticità e benessere psicologico. Si sta bene con chi ci dà amore, onestà e rispetto. E lo si riconosce subito!

Per gli uomini e le donne di domani, l’insegnante sarà la figura più preziosa da prendere a modello per crescere interiormente forti, autonomi, sensibili e svegli. Bambini e ragazzi hanno bisogno di veri maestri. Questa sarà la nostra responsabilità di adulti verso le generazioni future: testimoniare ai giovani come si diventa ciò che si è nel profondo di se stessi. Solo così ritroveremo le qualità più alte dell’essere umano e potremo costruire mondi sociali più giusti, consapevoli e felici.

Tutto questo può sembrarvi extra-ordinario; in realtà sta già avvenendo.

Ecco il mio nuovo libro!

Negli anni della pandemia, la scuola è stata travolta da uno tsunami che l’ha trasformata da luogo dell’accoglienza e dell’inclusione a luogo della sofferenza e della discriminazione, con danni incalcolabili per bambini e ragazzi. Diventa urgente un intervento riparativo, ma non può evidentemente essere la scuola pubblica a rimediare.


Il libro presenta, sulla base di un’analisi dei bisogni eccezionali degli studenti vittime del disastro, una proposta di intervento educativo in due fasi, la prima riparativa e la seconda trasformativa, da realizzare nel contesto dell’istruzione parentale per gli allievi della scuola secondaria inferiore e superiore.


Oltre la scuola e l’homeschooling si rivolge a insegnanti e genitori che intendano educare e non solo istruire, per un mondo futuro più giusto e consapevole. Si ispira al modello umanistico dell’educazione integrale (che coinvolge corpo, mente, anima e spirito), trasversale, profonda, ricca, gioiosa e nella natura, guidata dalla creatività, dalla bellezza, dall’amore per la conoscenza e dal proposito di formare anime libere e capaci di sentire e di pensare.

Si può trovare in formato cartaceo e digitale nelle librerie e sul sito dell’editore, a questo link: https://www.leoneverde.it/prodotto/oltre-la-scuola-e-lhomeschooling/