Cantico della Gioia di essere

Di Patrizia Scanu

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Noi siamo luce, siamo gioia, siamo amore traboccante, 

siamo creature divine, creative, amorevoli e piene di grazia. 

Siamo capaci di azioni straordinarie, etiche e giuste, forti e coraggiose.

Siamo un coro di anime capaci di cantare le melodie più ispirate.

Insieme siamo una forza, la forza dell’amore condiviso, 

che accoglie, comprende, perdona ogni azione dannosa 

e la trasforma in coscienza lucida, sveglia, presente a se stessa.

La nostra luce emerge dal buio profondo di una parte della nostra storia 

ed emerge più forte e consapevole, per aver sconfitto il Male

e averlo trasformato in Gioia. 

Perché l’opposto del male è la gioia, la pura gioia di essere, 

che è danza interiore, suono primordiale, coscienza del divino che brilla in noi.

Stiamo imparando che l’amore è fatto di piccoli gesti,

di attenzione premurosa, di coraggio della verità. 

Il contrario dell’Amore è la paura, buia e fredda,

che ci trattiene in basso, nella memoria ripetitiva del dolore che è stato. 

Siamo prigionieri della paura del dolore, ma noi siamo altro. 

Siamo una forza inarrestabile, che tutto trasforma e riporta in armonia. 

Dobbiamo ritrovare il nostro passato,

ma senza averne paura, senza rinnovare il terrore, il dolore, l’angoscia. 

Siamo fatti di luce e torneremo a essere luce. 

Niente potrà impedirlo, perché è giusto così e noi lo sappiamo.

Non possiamo fermarci mai, perché l’Amore non ha limiti

e nemmeno la Conoscenza. 

Il mondo trasformato sarà il segno del nostro passaggio. 

Non staremo qui a lungo; altri sono i nostri destini. 

Amare e comprendere, comprendere e amare sono tutto ciò che sappiamo fare. 

E questo sarà il nostro dono a noi stessi e al mondo dolente in cui ci troviamo.

Canticle of the Joy of Being

By Patrizia Scanu 

We are light, we are joy, we are overflowing love, 

we are divine, creative, loving, grace-filled creatures. 

We are capable of extraordinary actions, ethical and just, strong and courageous.

We are a choir of souls capable of singing the most inspired melodies.

Together we are a force, the force of shared love, 

that welcomes, understands, forgives every harmful action 

and transforms it into a lucid, awake, self-present consciousness.

Our light emerges from the deep darkness of a part of our history 

and emerges stronger and more aware,

having defeated Evil and transformed it into Joy. 

For the opposite of evil is joy, the pure joy of being, 

which is inner dance, primordial sound, consciousness of the divine shining within us.

We are learning that Love is made of small gestures,

of caring attention, of the courage of truth. 

The opposite of Love is fear, dark and cold,

which holds us down, in the repetitive memory of the pain that has been. 

We are prisoners of the fear of pain, but we are something else. 

We are an unstoppable force, transforming everything

and bringing it back into harmony. 

We must rediscover our past,

but without being afraid of it, without renewing the terror, the pain, the anguish. 

We are made of light and we will become light again. 

Nothing can stop us, because it is right and we know it.

We can never stop, because Love has no limits and neither does Knowledge. 

The transformed world will be the sign of our passing. 

We will not stay here long; other are our destinies. 

Loving and understanding, understanding and loving are all we know how to do. 

And this will be our gift to ourselves and to the sorrowful world we are living in.

Cántico de la Alegría de Ser

Por Patrizia Scanu 

Somos luz, somos alegría, somos amor desbordante, 

somos criaturas divinas, creativas, amorosas y llenas de gracia. 

Somos capaces de acciones extraordinarias, éticas y justas, fuertes y valientes.

Somos un coro de almas capaces de entonar las melodías másinspiradas.

Juntos somos una fuerza, la fuerza del amor compartido, 

que acoge, comprende, perdona cada acción dañina

y la trasforma en una conciencia  lúcida, despierta, autopresente.

Nuestra luz emerge de la profunda oscuridad de una parte de nuestra historia

y emerge más fuerte y consciente, habiendo vencido al Mal

y transformándolo en Alegría. 

Porque lo contrario del mal es la alegría, la pura alegría de ser, 

que es danza interior, sonido primordial, conciencia de lo divino que brilla en nosotros.

Estamos aprendiendo que el Amor está hecho de pequeños gestos,

de atención solícita, de la valentía de la verdad. 

Lo contrario del Amor es el miedo, oscuro y frío, 

que nos atenaza, en el recuerdo repetitivo del dolor que ha sido. 

Somos prisioneros del miedo al dolor, pero somos otra cosa. 

Somos una fuerza imparable, que transforma todo y lo devuelve a la armonía. 

Debemos redescubrir nuestro pasado,

pero sin tenerle miedo, sin renovar el terror, el dolor, la angustia. 

Estamos hechos de luz y volveremos a ser luz. 

Nada puede detenernos, porque es justo y lo sabemos.

Nunca podremos detenernos, porque el Amor no tiene límites 

y el Conocimiento tampoco. 

El mundo transformado será la señal de nuestro paso. 

No permaneceremos aquí mucho tiempo; otros son nuestros destinos. 

Amar y comprender, comprender y amar es todo lo que sabemos hacer. 

Y éste será nuestro regalo a nosotros mismos 

y al mundo doloridoen el que nos encontramos.

Cantique de la joie d’être

Par Patrizia Scanu 

Nous sommes lumière, nous sommes joie, nous sommes amour débordant, 

sommes des créatures divines, créatives, aimantes, pleines de grâce. 

Nous sommes capables d’actions extraordinaires, 

éthiques et justes, fortes et courageuses.

Nous sommes un chœur d’âmes capables de chanter les mélodiesles plus inspirées.

Ensemble, nous sommes une force, la force de l’amour partagé, 

qui accueille, comprend, pardonne toute action nuisible

et la transforme en une conscience lucide, éveillée, présente à elle-même.

Notre lumière émerge de l’obscurité profonde d’une partie de notre histoire 

et en ressort plus forte et plus consciente, 

ayant vaincu le Mal et l’ayant transformé en Joie. 

Car le contraire du mal est la joie, la pure joie d’être, 

qui est la danse intérieure, le son primordial,

la conscience du divin qui brille en nous.

Nous apprenons que l’Amour est fait de petits gestes, 

d’attentions bienveillantes, du courage de la vérité. 

Le contraire de l’Amour, c’est la peur, sombre et froide,

qui nous retient, dans le souvenir répétitif de la douleur paste. 

Nous sommes prisonniers de la peur de la douleur, mais nous sommes autre chose. 

Nous sommes une force irrésistible, qui transforme tout et le ramène à l’harmonie. 

Nous devons redécouvrir notre passé, 

mais sans en avoir peur, sans renouveler la terreur, la douleur, l’angoisse. 

Nous sommes faits de lumière et nous redeviendrons lumière. 

Rien ne peut nous arrêter, parce que c’est juste et que nous le savons.

Nous ne pourrons jamais nous arrêter, car l’Amour n’a pas de limites 

et la Connaissance non plus. 

Le monde transformé sera le signe de notre passage. 

Nous ne resterons pas longtemps ici ; d’autres sont nos destinées. 

Aimer et comprendre, comprendre et aimer, c’est tout ce que nous savons faire. 

Et ce sera notre cadeau à nous-mêmes 

et au monde douloureux dans lequel nous nous trouvons.

https://grupporebis.org/2025/02/16/cantico-della-gioia-di-essere/

L’educazione spirituale dei giovani

Conversazione con Alessandro Maggetti di Darsi Scuola

Che cosa vuol dire educare i giovani alla spiritualità? Come è da intendersi? I giovani hanno bisogno di spiritualità, perché hanno bisogno di trovare un senso per la propria esistenza. Solo la creatività spirituale permette di trasformare l’ambiente, anziché adattarvisi.

Spiritualità è autotrascendenza, capacità di elevarci al disopra della nostra mera natura animale e di creare nella bellezza. Siamo esseri multidimensionali, fatti di corpo, mente, anima e spirito, e abbiamo bisogno di sviluppare armoniosamente tutte le parti di noi per vivere in pienezza e non limitarci a sopravvivere.

I valori spirituali ci fanno stare bene: la libertà, la gioia, la verità, l’autenticità, la solidarietà, la giustizia ci rendono felici. Questo dovrebbe insegnare la scuola, se vuole essere la scuola della Costituzione. La scuola ha come fine la piena realizzazione della persona umana, non la formazione per il lavoro.

Dovrebbe stare a cuore a tutti che la scuola funzioni bene e svolga il suo compito educativo e culturale al meglio. Purtroppo il declino degli apprendimenti è un dato di fatto, benché le cause siano ancora poco riconosciute, e sembra inarrestabile. La diffusione del digitale e soprattutto degli smartphone da una parte, le misure pandemiche dall’altra hanno causato danni cognitivi ed emotivi che sembrano assai difficili da sanare: povertà culturale, lacune enormi, ansia, depressione, fragilità psicologica, tendenza a chiudersi passivamente in difesa, piuttosto che a prendere iniziative, dipendenza e distacco dalla realtà sociale e naturale.

Come se ne esce? Che cosa possono fare insegnanti e genitori? Di che cosa hanno bisogno bambini e ragazzi? Come possiamo proteggerli dai pericoli della dipendenza dallo smartphone? Come possiamo diventare adulti autorevoli?

I ragazzi hanno bisogno di creatività, di incontrare ostacoli da superare, di avere mete da raggiungere, di provare desideri da soddisfare con l’impegno e lo sforzo personale, di essere circondati da adulti consapevoli che hanno a cuore la loro integrità, la loro libertà (vera), la loro capacità di autodeterminarsi, di proteggersi da ciò che li danneggia, di avere valore e dignità come individui.

Occorre che gli adulti si interroghino sui danni delle misure carcerarie subite nella pandemia e sul condizionamento pavloviano a cui bambini e ragazzi sono stati sottoposti e che cerchino di dare risposte alle domande esistenziali dei giovani: che cos’è l’anima, qual è il senso della vita e della morte, che cosa rende felici.

https://www.facebook.com/share/v/15h5ecYn5k

Il disagio degli adolescenti

Intervista su Radio Antenna 1 con Claudia Vittone

https://www.facebook.com/antenna.uno/videos/alziamo-le-vibrazioni/877065964620669/?mibextid=WC7FNe&rdid=S4HW9s94V0nzDTGD

Come stanno gli adolescenti? Qual è la causa del loro disagio psichico e dell’epidemia di ansia e depressione? Perché Jonathan Haidt li definisce “la generazione ansiosa”? Qual è il ruolo degli strumenti digitali? Che cosa possono fare gli adulti?

Queste e altre domande nell’intervista di martedì 26 novembre su Radio Antenna 1.

Per approfondimenti, si possono leggere questi libri:

Se questo è un uomo. Il caro estinto come rifiuto da smaltire

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Bolliti e sciolti con l’idrossido di potassio: in questo consiste l’acquamazione o idrolisi alcalina, il procedimento super green di trattamento dei cadaveri già diffuso negli USA, in Canada, in Australia, in Messico e in Sudafrica, approdato nel Regno Unito e in Olanda e che potrebbe arrivare anche da noi. Funziona all’incirca così: il corpo del defunto viene insacchettato e introdotto in un contenitore a tubo pressurizzato e riempito con una soluzione di acqua e idrossido di potassio. Viene poi riscaldato e fatto bollire a circa 160 gradi, in modo da sciogliere completamente i tessuti molli, e dopo 4-6 ore è completamente liquefatto. Le ossa vengono prelevate, cremate e ridotte in cenere, infine consegnate ai parenti in forma di polvere bianca di fosfato di calcio, da conservare al cimitero o in casa o da disperdere in natura, secondo la volontà del morto. Eventuali protesi e dispositivi medicali vengono raccolti e smaltiti a parte, come mostra questo video girato presso l’University of California, Los Angeles (UCLA).

Niente di più ecologico, sostengono con convinzione i promotori della cremazione ad acqua, che avrebbe un impatto sulla CO2 decisamente inferiore rispetto alla cremazione con il fuoco (circa la metà) e consumerebbe fino al 90% in meno di energia. Con un piccolo dubbio: il liquido prodotto, che contiene aminoacidi, peptidi, zuccheri e sali (ma non DNA o RNA, giurano gli esperti), dove va a finire? Nelle acque reflue, come qualunque rifiuto di fogna, dicono.

Un video, che ha largamente circolato in rete (The Dead Are Liquified And Are Fed To The Living), ha insinuato tuttavia il dubbio atroce che questi resti liquefatti finiscano nella catena alimentare umana all’insaputa degli utenti, dopo adeguato trattamento, ovviamente. Non era stato il filantropo per antonomasia, Bill Gates, a investire premurosamente in sistemi di depurazione delle acque reflue che trasformano l’acqua del gabinetto in acqua potabile per i poveri del Terzo Mondo (e non solo) e si era pure fatto immortalare mentre beveva con gusto il risultato di questa meraviglia? Sempre sul pezzo, insomma, l’onnipresente Bill. Se di acque reflue si tratta anche per i corpi liquefatti con l’acquamazione, tale destino non può certo essere escluso del tutto. Del resto, se i vivi possono mangiare insetti e carne sintetica, perché non potrebbero bere acqua di fogna e liquame di cadaveri? Potrebbe essere il top dell’ecocompatibilità e forse un efficace rimedio per l’ecoansia.

Non abbiamo alcun elemento per confermare o smentire l’agghiacciante insinuazione, davvero complottista; possiamo comunque constatare che i fact-checker più accreditati si sono subito scatenati per smentirla sdegnosamente, il che già di per sé potrebbe suggerire cattivi pensieri in chi sa da chi vengono finanziati.

In alternativa, il morto può essere cremato e trasformato in diamante della memoria, da portare sempre con sé, oppure in compost da disperdere in natura, sempre per ridurre l’impatto ambientale. Non che la sepoltura classica qui in Europa sia il non plus ultra: morire in ospedale, non di rado nell’indifferenza degli altri, restare qualche ora in una squallida camera mortuaria, per essere poi zincati e seppelliti quasi subito in un cimitero dopo un frettoloso funerale non ha certamente la valenza empatica e spirituale delle pratiche funerarie di altre tradizioni culturali, ancora abituate a onorare i defunti e a considerarli spiriti incarnati.

Ma la questione è ancora un’altra: che dignità resta a un corpo umano bollito e gettato nello scarico del WC? O cremato e trasformato in diamante della memoria? O trasformato in compost per fertilizzare i terreni agricoli e i giardini? Non era la dignità riservata ai defunti il segno del passaggio dalla natura alla cultura? Abbiamo testimonianze di sepoltura che risalgono al Paleolitico. Molte civiltà umane, fra le quali quella egizia, quella greca e quella romana, hanno dato grande valore ai riti funebri e rispetto al corpo dei morti, qualunque sia la forma di sepoltura scelta: per cremazione, per inumazione, per tumulazione. Il corpo morto è stato abbandonato dall’anima, ma è un corpo umano, a cui i vivi sono legati da vincoli di sangue e di affetto, perciò va trattato con cura. E l’anima del defunto va accompagnata nel suo cammino ultraterreno, mentre i vivi devono riuscire a elaborare il lutto della perdita. Come non ricordare Antigone, figlia di Edipo, che sfida il divieto del re di Tebe per celebrare un fugace rito funebre sul corpo morto del fratello Polinice, pagando con la vita il suo atto di pietas?

Il rito funebre è un rito sociale, collettivo, che permette a chi resta di accettare poco per volta la perdita definitiva. Come scrisse l’antropologo Robert Hertz, il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti è un processo lento: «noi non possiamo pensare alla morte come tale tutta in una volta». Noi esseri umani abbiamo bisogni di riti e di tempo per dare un senso agli eventi della vita. Il rito è funzionale agli uomini, al loro equilibrio personale e comunitario, non è una procedura di smaltimento del rifiuto organico per pretestuose e antiscientifiche motivazioni ambientali (per chi ancora crede che sia la CO2 il nostro problema consiglio il documentario Climate: The movie). È la motivazione a essere raccapricciante, perché ignora la sacralità della morte e la riduce a mera questione tecnica.

Ma questa riduzione del caro estinto a pura materia disanimata da riciclare, a cosa senza valore, è del tutto in linea con la violenta disumanizzazione che abbiamo vissuto nella storia passata e recente: con gli anziani lasciati morire soli nelle RSA, senza l’estremo saluto dei propri familiari, con le persone sane inghiottite dagli ospedali per un tampone positivo e restituite in sacco nero, con i funerali proibiti, con le migliaia di morti improvvise di bambini, giovani e adulti di cui non parla nessuno sui media nazionali, con i bambini sventrati per il commercio degli organi, con i bambini fatti a pezzi e lasciati fra le macerie nel genocidio di Gaza, con i tantissimi morti di una guerra inutile in Ucraina, in Iraq, in Siria, in Cambogia e in ogni altro luogo dove il vilipendio dei morti fa il paio con la cancellazione della dignità e del diritto a esistere dei vivi.

La biocremazione sarà green, ma fa orrore. Testimonia a che punto di degradazione è giunta la nostra civiltà, che riesce solo a pensare ai vivi come mangiatori inutili e ai morti come rifiuti da smaltire. Una cultura spietata, di morte e di distruzione delle qualità spirituali, che rendono l’uomo umano e la vita degna di essere vissuta. Se questo è ancora un uomo.

Pubblicato su Sovranità popolare, n° 2, ottobre 2024 (in inglese)

Presentato su Veggie Channel a questo link:

If this is a man. The dearly departed as waste to be disposed of

Leggi questo articolo in Italiano

Boiled and dissolved with potassium hydroxide: this is aquamation or alkaline hydrolysis, the super-green procedure for treating corpses already widespread in the USA, Canada, Australia, Mexico and South Africa, which has landed in the United Kingdom and the Netherlands and could also arrive here. It works roughly as follows: the body of the deceased is bagged and placed in a pressurised tube container and filled with a solution of water and potassium hydroxide. It is then heated and boiled to about 160 C°, so that the soft tissue is completely dissolved, and after 4-6 hours it is completely liquefied. The bones are removed, cremated and reduced to ashes, and finally given to relatives in the form of a white powder of calcium phosphate, to be kept at the cemetery or at home, or to be scattered in nature, according to the wishes of the dead person. Any prostheses and medical devices are collected and disposed of separately, as this video shot at the University of California, Los Angeles (UCLA) shows.

Nothing could be more environmentally friendly, the promoters of water-based cremation strongly argue, as it would have a much lower CO2 impact than cremation by fire (about the half) and consume up to 90% less energy. With one small doubt yet: the liquid produced, which contains amino acids, peptides, sugars and salts (but not DNA or RNA, the experts swear), where does it end up? In sewage, like any sewage waste, they say.

A video, which has circulated widely on the net (The Dead Are Liquified And Are Fed To The Living), has, however, raised the atrocious doubt that these liquefied remains end up in the human food chain unbeknownst to the users, after proper treatment, of course. Wasn’t it the philanthropist par excellence, Bill Gates, who thoughtfully invested in sewage purification systems that turn toilet water into drinking water for the poor of the Third World (and beyond) and even had himself been filmed while drinking with delight the result of this marvel? Always on the ball, in short, the ubiquitous Bill. If wastewater is also the case for bodies liquefied by aquamation, such a fate certainly cannot be entirely ruled out. After all, if the living can eat insects and synthetic meat, why couldn’t they drink sewage water and corpse slurry? That could be the ultimate solution in eco-friendliness and perhaps an effective remedy for eco-anxiety.

We have no element to confirm or deny this chilling insinuation, which is indeed conspiratorial; we can however note that the most accredited fact-checkers have immediately gone wild to disdainfully deny it, which in itself might suggest bad thoughts in those who know who they are funded by.

Alternatively, the dead can be cremated and turned into a memory diamond, to be carried with you at all times, or into compost to be dispersed in nature, once again to reduce environmental impact. Not that classical burial here in Europe is the non plus ultra: dying in a hospital, not infrequently to the indifference of others, remaining for a few hours in a dingy mortuary, only to be galvanised and buried almost immediately in a cemetery after a hasty funeral certainly does not have the empathic and spiritual value of the funeral practices of other cultural traditions, still used to honouring the dead and considering them incarnate spirits.

But the question is yet another: what dignity is left to a human body boiled and flushed down the toilet? Or cremated and turned into a memory diamond? Or turned into compost to fertilise farmland and gardens? Was not the dignity reserved for the dead the sign of the passage from nature to culture? We have evidence of burial dating back to the Palaeolithic period. Many human civilisations, including the Egyptians, Greeks and Romans, placed great value on funeral rites and respect for the body of the dead, whatever form of burial they chose: by cremation, inhumation, burial. The dead body has been abandoned by the soul, but it is a human body, to which the living are bound by bonds of blood and affection, so it must be treated with care. And the soul of the deceased must be accompanied on its afterlife journey, while the living must manage to grieve the loss. How can we fail to remember Antigone, daughter of Oedipus, who defies the ban of the king of Thebes to perform a fleeting funeral rite over the dead body of her brother Polynices, paying with her life for her act of “pietas”?

The funeral rite is a social, collective rite that allows those left behind to accept the ultimate loss little by little. As the anthropologist Robert Hertz wrote, the transition from the world of the living to the world of the dead is a slow process: “We cannot think of death as death all at once”. We human beings need rituals and time to make sense of life’s events. The ritual is functional to human beings, to their personal and community balance, it is not a procedure in order to dispose of organic waste for specious and unscientific environmental reasons (for those who still believe that CO2 is our main problem, I recommend the documentary Climate: The movie). The motivation is indeed quite creepy, because it ignores the sacredness of death and reduces it to a mere technical issue.

But this reduction of the dearly departed to pure rough, dead matter to be recycled, to a worthless thing, is entirely in line with the violent dehumanisation we have experienced in past and recent history: with the elderly left to die alone in the nursing homes (without the final farewell of their families); with healthy people swallowed up by hospitals for a positive swab and delivered in black sacks; with forbidden funerals; with the thousands of sudden deaths of children, young people and adults that no one talks about in the national media; with children disembowelled for the organ trade; with children blown to pieces and left in the rubble in the Gaza genocide; with the countless deaths of an unnecessary war in Ukraine, Iraq, Syria, Cambodia and everywhere else where the vilification of the dead is matched by the erasure of the dignity and right to exist of the living.

Biocremation may be green, but it is horrifying. It testifies what point of degradation our civilisation has reached, since it can only think of the living as useless eaters and of the dead as waste to be disposed of. A ruthless culture of death and destruction of the spiritual qualities that make man human and life worth living. If this is still a man.

Pubblicato su Sovranità popolare, n° 2, ottobre 2024

Si può leggere la rivista qui sotto:

La scuola del futuro.

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📚 TRASMISSIONI in differita
LA SCUOLA CHE NON C’È

In questa puntata della rubrica di Giusy Pace: “La scuola del futuro”.
Riflettiamo su come è possibile formulare una proposta educativa per formare anime libere e capaci di sentire e di pensare, con ispirazione al modello umanistico dell’educazione integrale, che coinvolge corpo, mente, anima e spirito.

OSPITE SPECIALE la dottoressa Patrizia Scanu

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La guerra dentro noi stessi: perché il patriarcato non è una spiegazione

Si può spiegare completamente il fenomeno della violenza di genere contro le donne come un effetto del patriarcato? La comunicazione mediatica suggerisce con insistenza questo collegamento. Ma è davvero così? Esiste una spiegazione unica, valida per tutti casi di violenza? Ecco l’analisi di Patrizia Scanu, psicologa, Gestalt counsellor e formatrice.

Si può spiegare completamente il fenomeno della violenza di genere contro le donne come un effetto del patriarcato? La comunicazione mediatica suggerisce con insistenza questo collegamento. Ma è davvero così? Esiste una spiegazione unica, valida per tutti casi di violenza? O dobbiamo allargare lo sguardo e andare più a fondo? Sicuramente, si tratta di un fenomeno complesso e multiforme, che non si presta a spiegazioni elementari e onnicomprensive e che richiede di considerare con attenzione la potenza evocativa e definitoria del linguaggio. Le parole creano la realtà e a volte ne impediscono la comprensione. Per questo la psicosofia esamina le parole con curiosità e apertura. 

Etimologicamente patriarcato significa “legge del padre” e si riferisce a una forma particolare di famiglia, nella quale il patriarca è a capo di una stirpe. Il concetto è ben delimitato dal punto di vista storico e socio-antropologico e designa il potere incontrastato che i maschi più anziani esercitano su tutti membri – uomini, donne, bambini, servi e schiavi – della famiglia estesa, soprattutto in ambiti dove è fondamentale mantenere indivisi e amministrare in modo univoco i beni della famiglia. Storicamente, se ne possono rinvenire le origini nell’antica Roma e più indietro ancora nella società descritta dall’Antico Testamento.

Nella figura del pater familias romano o del patriarca biblico si sommano il diritto di vita o di morte sui membri della famiglia e nello stesso tempo la protezione nei confronti dei familiari, di cui il patriarca ha la responsabilità e a cui è tenuto da una serie di obblighi anche gravosi. Lo squilibrio di potere è indubbiamente condizione favorevole alla violenza, ma non la contempla necessariamente e non implica sempre oppressione; anche nel mondo patriarcale ogni caso è a sé.

Le nostre società attuali portano l’impronta evidente di un secolare squilibrio di potere fra uomini e donne e tale squilibrio rende più facile ricorrere alla violenza: questo è un fatto che non può essere negato e che in sociologia viene definito come disuguaglianza sociale. Senza andare troppo lontano, possiamo ricordare che fino al 1975 il diritto di famiglia italiano chiamava “capofamiglia” il padre e sanciva la completa subordinazione della moglie al marito nei rapporti personali, in quelli patrimoniali, nelle relazioni di coppia e nei riguardi dei figli.

Tuttavia, se possiamo riconoscere anche nel nostro passato antico e recente una visione marcatamente sessista dei rapporti fra uomo e donna, non appare chiaro come il patriarcato in sé possa essere considerato l’unica causa della violenza di genere (essendo oggi tale struttura familiare piuttosto residuale nelle società occidentali) se non sulla base di un’analogia astorica e solo parzialmente utile alla comprensione del fenomeno. 

Dagli anni ’60 e ’70 (anche prima, negli Stati Uniti) sociologi di diverso orientamento, da Parsons e Bales a Riesman e a Horkheimer e Adorno parlano in coro di «crisi della famiglia» e di «società senza padre»: tale figura è entrata progressivamente in crisi, indebolita nelle sue funzioni tradizionali, che Parsons riconosceva nel procacciare sostentamento economico, nel prendere decisioni strategiche per la famiglia, nel definire le regole familiari e nel controllarne l’osservanza. 

Lungi dall’essere un padre-padrone, l’uomo attuale fatica a darsi un ruolo sociale definito e spesso vive con le donne una relazione competitiva. Non deve perciò meravigliare che la violenza sulle donne sia molto diffusa nelle società del Nord Europa, dove il patriarcato è sepolto da tempo ed è entrata largamente nella mentalità comune l’idea della parità fra i sessi. Per alludere al sessismo ancora presente nella nostra vita sociale, forse sarebbe più adatto il termine “maschilismo”, che indica una modalità relazionale fondata sul dominio, sul possesso e sulla supremazia, invece che sulla cooperazione paritaria e il riconoscimento reciproco fra uomo e donna.

Ma allora come si spiega la violenza di genere? Intanto, è impossibile individuarne una causa unica: si tratta di un fenomeno multifattoriale, al quale contribuiscono in misura notevole e variamente combinata, oltre ai fattori culturali, anche cause individuali e di contesto, come l’immaturità affettiva, l’analfabetismo emozionale, i modelli familiari vissuti da bambini, i modelli dei media (per esempio, la pornografia), i rapporti sociali predatori, lo stress lavorativo, il narcisismo diffuso, la fragilità derivante dalla perdita di ruolo e di potere, la visione materialista della vita, fondata sul possesso, tanto per citarne alcuni. 

Il problema non riguarda solo le donne: la violenza è diffusa anche nelle coppie omosessuali e, magari in forme diverse, colpisce pure gli uomini. Sarebbe un errore considerare la violenza come una prerogativa esclusiva dei maschi. Se vogliamo considerare il problema con lo sguardo più ampio e comprensivo della psicosofia sinergetica, potremmo dire che la violenza di genere è solo uno dei modi nei quali si manifesta la violenza latente nelle nostre società e che si presenta soprattutto nella famiglia, perché lì si esprimono tutte le tensioni e le contraddizioni generate dalla vicinanza e dalla relazione profonda in un contesto sociale profondamente degradato e squilibrato. Noi diventiamo violenti quando non riusciamo a tenere a bada e a trasformare la nostra mente animale (rettiliana e limbica) con la Coscienza. La violenza è cecità spirituale (avidyā) e assenza di empatia. E nelle nostre società quasi tutto congiura a mantenerci al livello più basso della nostra umanità.

Dentro ciascuno di noi, uomini e donne, sono presenti una parte maschile e una femminile, nel senso che incarniamo in noi stessi la dualità metafisica fra due opposti complementari, ben raffigurati dal Rebis alchemico e dalla polarità Yin-Yang nel Tao e descritti anche dai filosofi greci, per esempio dai Pitagorici. In questo senso, possiamo dire che un certo numero di persone (uomini e donne) manifesta un maschile violento, fatto di aggressione, predazione, sopraffazione, dominanza, possesso, competizione, tipiche della nostra natura animale oppure (spesso anche) un femminile sottomesso, vittimizzato, manipolativo, bisognoso, gregario. Quando pensiamo e agiamo usando questa parte arcaica della nostra mente siamo completamente incoscienti di ciò che facciamo e dell’effetto che ha sugli altri e su noi stessi, dato che ci degradiamo ogni volta che agiamo senza coscienza.

Ma noi siamo molto di più: abbiamo una coscienza spirituale, capace di sintonizzarsi con i valori più alti: etica, responsabilità, giustizia, amore, empatia, bellezza, gioia. Ce ne accorgiamo quando siamo creativi (la creatività è il sintomo della nostra natura spirituale), quando facciamo azioni giuste, etiche, amorevoli, quando sappiamo accogliere e dire di no a seconda dei casi. Possiamo immaginare la violenza in una persona che è così presente a se stessa?

Purtroppo, ci portiamo dentro anche la violenza e l’umiliazione millenarie dei nostri avi, sotto forma di memorie genetiche di sopraffazione e di sottomissione, che fanno da terreno fertile per ulteriori azioni dannose, in una catena infinita nella quale siamo contemporaneamente vittime e carnefici, prede e predatori, quando rimaniamo al livello più basso della nostra mente. Per questo dobbiamo stare attenti a evitare la polarizzazione del linguaggio, che semina divisione e odio fra le persone, perfino fra uomini e donne. La guerra fra i sessi è assurda come la guerra fra la nostra parte maschile e quella femminile. Il problema è la guerra dentro di noi, quando perdiamo di vista la nostra natura autentica e tiriamo fuori la bestia inconsapevole, sentendoci vittime o padroni, mentre potremmo contribuire a elevare la qualità delle relazioni umane cominciando da noi stessi.

Articolo pubblicato sul sito dell’editore Terranuova: https://www.terranuova.it/News/Crescita-interiore/La-guerra-dentro-noi-stessi-perche-il-patriarcato-non-e-una-spiegazione

Oltre la scuola e l’homeschooling

Intervista con Fabio Frabetti su Bordernights del 27 novembre 2023.

Dove sta andando la scuola? Che cosa servirebbe per migliorarla? Che cos’è la pedagogia nera? Di questo e di altro discuto con Fabio Frabetti in questa intervista.

https://www.youtube.com/live/He0NCypVYFg?si=eZ1MPspnHdCvKYmN

La scuola del mondo che verrà

Conferenza di presentazione del libro Oltre la scuola e l’homeschooling. Riparare i danni della pandemia ed educare per il mondo che verrà.

Video della conferenza tenuta venerdì 24 novembre a Vidracco, presso la sala comunale, su invito della Liber School di Damanhur.

Oggi parliamo di Psicosofia sinergetica

Da oggi si può visitare la nuova pagina delle Attività: Psicosofia sinergetica

Per chi cerca nella relazione psicologica un’occasione di esplorazione dell’anima e del senso profondo della vita e della morte.