Lunga intervista per Radio Studio 54 sulla conferenza stampa tenuta alla Camera il 9 settembre 2020 insieme alla dott.sa Giuditta Fagnani e sulle tecniche psicologiche di manipolazione del consenso.
Ieri alla Camera ha parlato di scuola. Vuole dirci com’è andata? Quali sono i principali problemi che si preannunciano all’inizio delle scuole?
Si parla molto del patto di corresponsabilità, che i dirigenti chiedono di firmare per rientrare a scuola. Come devono comportarsi i genitori?
Alla fine del suo intervento ha parlato di manipolazione e di tecniche di controllo comportamentale messe in atto dai mass media in questi mesi. A che cosa si riferisce?
Ci può fare qualche esempio di manipolazione?
Sono compatibili democrazia e manipolazione del consenso?
Come ci si accorge di essere manipolati?
Com’è avvenuta la manipolazione in questi mesi?
Che cos’è il debunking?
Ma qual è il fine della manipolazione?
Come ci si può difendere?
Come può aiutare la scuola a essere liberi dentro?
Ringrazio l’on. Sara Cunial per l’invito e voi qui presenti per la disponibilità ad ascoltarci.
Questo intervento corale di un gruppo di psicologi è rivolto a tutti i genitori e a coloro che si occupano dei bambini e dei ragazzi per compito istituzionale. Noi abbiamo molto a cuore il loro benessere e la loro integrità e per questo sentiamo la responsabilità di comunicarvi, in scienza e coscienza, tutta la nostra preoccupazione per quanto sta accadendo nelle scuole italiane, perché nessuno possa dire in seguito di non essere stato informato sui probabili effetti di lungo termine di un clima di paura prolungato e generalizzato su questa generazione di bambini e adolescenti.
Durante il confinamento obbligatorio in casa, la scorsa primavera, molti psicologi hanno segnalato i rischi dell’isolamento per la salute complessiva della popolazione italiana e soprattutto dei più giovani, sui quali si sono accanite con particolare rigidità le misure restrittive. Benché la quarantena di massa per un periodo così lungo fosse un evento mai verificatosi nella storia, era infatti già vasta la letteratura scientifica sui danni conseguenti alla quarantena e all’isolamento sociale, che comprendono stress post- traumatico, disturbi di adattamento, ansia, sintomi depressivi, perdita di motivazione, senso di affaticamento fisico e cognitivo, sentimenti di autosvalutazione, tristezza, rabbia, paura e colpa, aumento della violenza e dell’aggressività, sospettosità paranoide, suicidio. Potete trovarne documentazione sul sito https://comunicatopsi.org/.
In un’intervista del mese di agosto[1], il prof. Gabriele Sani del Policlinico Gemelli ci informa che dagli studi in corso risulta che l’80% della popolazione ha sviluppato sintomi ansiosi e depressivi, anche gravi.
Oltre 700 psicologi e psichiatri a fine aprile hanno lanciato un allarme[2], rivolto alle autorità e alla popolazione, che non è stato evidentemente raccolto. Facevamo presente, nel Comunicato, che, come la ricerca dimostra, il malessere psicologico ha effetti negativi sulla salute fisica, perché indebolisce le difese immunitarie, proprio in un momento in cui la protezione della propria salute generale mediante uno stile di vita sano e all’aria aperta, una sana alimentazione, una saggia gestione delle proprie emozioni sarebbero indispensabili per affrontare con successo una malattia virale.
Invece, i media hanno continuato a diffondere allarme e paura anche quando l’impatto straordinario di ricoveri nei reparti di terapia intensiva era cessato; quando per fortuna, anche grazie ai medici che hanno fatto le autopsie, trasgredendo le indicazioni ministeriali, sono state trovati farmaci e cure per la malattia, riducendo drasticamente il numero dei morti; quando i numerosissimi studi scientifici svolti in tutto il mondo hanno permesso di cominciare a comprendere meglio la malattia ed hanno evidenziato che, a differenza degli anziani e di adulti affetti da altre patologie, i bambini e gli adolescenti si ammalano pochissimo di Covid-19 oppure manifestano sintomi lievi e molto raramente hanno bisogno di terapie intensive.
Per questo, correttamente il CTS ha evidenziato, nel verbale n. 82 del 28 maggio 2020, che “L’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, nell’età evolutiva (0-18 anni), è stata a oggi, documentata in circa 4.000 casi: il 7 % ha richiesto il ricovero ospedaliero (più numerosi nel primo anno di vita e nell’età preadolescenziale) e 4 decessi (tutti in pazienti con gravi patologie preesistenti). Nei bambini e nei ragazzi le forme cliniche sono prevalentemente paucisintomatiche, lievi e/o moderate, eccezionalmente si sono avuti 3 casi gravi che hanno necessitato di cure intensive”.
Perciò, vogliamo rassicurare i genitori: non temete per i vostri bambini e ragazzi, abbiamo delle buone notizie dalla ricerca. Possiamo rilassarci un momento e tirare il fiato.
Il Covid ora si può curare con successo nella stragrande maggioranza dei casi e bambini ed adolescenti non sono una fascia di popolazione a rischio di conseguenze gravi. Ad ulteriore conferma, uno studio molto ampio e importante[3] condotto in Gran Bretagna e pubblicato il 27 agosto sul British Medical Journal, che raccoglie i dati su bambini e adolescenti ricoverati in 183 ospedali britannici, ci informa che bambini e adolescenti rappresentano solo l’1-2% dei casi di ricovero per Covid-19, hanno un minore rischio di infezione rispetto agli adulti, che per loro nella stragrande maggioranza dei casi è blanda o asintomatica, con pochissimi casi di morte (6 sui 651 bambini ricoverati, meno dell’1%), tutti con gravissime patologie preesistenti. Questo dato emergeva già in Cina a gennaio-febbraio, come evidenzia una ricerca retrospettiva cinese5[4] pubblicata a giugno su Pediatrics: il 94,1% dei bambini infettati aveva superato la malattia senza problemi, poiché era asintomatico aveva sintomi lievi o moderati; su 2351 casi sospetti o accertati, solo un morto di 14 anni.
In compenso, i danni psicologici derivanti dalla quarantena e dall’interruzione scolastica sono davvero gravi, diffusi e allarmanti, come mostrano decine di studi scientifici nazionali e internazionali. Dall’indagine dello scorso giugno del Gaslini di Genova sullo stato psicologico dei bambini e adolescenti a tre settimane di distanza dal lockdown emergono alcuni elementi di criticità sul loro stato emotivo, a prescindere dalla condizione psicosociale di partenza. Il professor Lino Nobili, direttore della Neuropsichiatra Infantile del Gaslini di Genova spiega che “nel 65% di bambini di età minore di 6 anni e nel 71% di quelli di età maggiore di 6 anni (fino a 18) sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione”.
Chiusi in casa, brutalmente separati dai loro coetanei, bombardati di notizie e di immagini terrorizzanti, privati di ogni sostegno psicosociale, i bambini e gli adolescenti, specie i più fragili a livello personale, socioeconomico e familiare, hanno già pagato un prezzo altissimo e secondo noi non giustificato per le misure estreme di contenimento adottate. Il Centro di Gravità, fondato da Giulietto Chiesa, partendo dall’autorevole premessa pedagogica di Benedetto Vertecchi e da un’analisi dei dati scientifici disponibili dei prof. Bizzarri e Prestininzi, già a marzo aveva proposto alla Ministra Azzolina un piano di rientro a scuola almeno parziale per il mese di maggio, fondato sui criteri di gradualità e volontarietà, ma è rimasto lettera morta. Mentre i nostri ragazzi erano segregati in casa, in tutti i Paesi europei le scuole hanno riaperto già fra aprile e maggio; in Svezia non hanno mai chiuso. Eppure, non ci sono stati picchi epidemici e di ricoveri in terapia intensiva dopo la riapertura delle scuole. Un report dell’Agenzia per la Salute pubblica svedese[5] a metà luglio constatava che, fra febbraio e giugno c’erano stati 1124 casi confermati di Covid-19 fra i minori in Svezia, circa lo 0,05% dei bambini e degli adolescenti, esattamente la stessa percentuale della Finlandia, che aveva adottato il lockdown. In compenso, gli scolari svedesi stavano meglio a livello mentale ed educativo. Inoltre, non c’era alcuna evidenza di un rischio maggiore per gli insegnanti rispetto ad altre categorie di lavoratori. Le previsioni più pessimistiche sono state smentite dai fatti. Vi ricordate l’infausta previsione del CTS di fine aprile che prevedeva oltre 150mila ricoveri in terapia intensiva entro giugno? Era così poco attendibile, che il prof. Zangrillo potè dire il 30 maggio che il virus era “clinicamente morto”, ma tanto bastò a tenere le scuole chiuse. Uno studio recente pubblicato dal British Medical Journal[6], che esamina i dati provenienti da diversi Paesi, conclude che 1) i bambini hanno minore probabilità di infettarsi rispetto agli adulti; 2) contraggono una passeggera infezione alle vie respiratorie superiori e mostrano sintomi lievi; 3) sono scarsamente infettivi nell’ambiente domestico, essendo responsabili solo di una percentuale dei contagi che, a seconda degli studi, varia da 0 al 10%; 4) non vi sono prove di insegnanti contagiati dai loro allievi; 5) ci sono evidenze molto scarse di un effetto del Covid-19 su bambini con comorbidità, al contrario degli adulti. La conclusione è che “al momento attuale, non sembra che i bambini siano super-diffusori.”
“Nemmeno un solo bambino è finito in ospedale con il Coronavirus dopo la riapertura delle scuole a giugno”, titola con enfasi il 23 agosto un articolo del giornale britannico The Telegraph[7]. Nei mesi estivi, i bambini hanno ripreso ad uscire, a giocare, a frequentare i coetanei, senza conseguenza drammatiche. Gli adolescenti si sono frequentati nuovamente, com’è naturale. Perché allora non rimandarli a scuola normalmente, in modo da rimediare per quanto possibile al danno gravissimo già subito? Perché costringerli a misure di controllo sanitario eccezionali e gravemente lesive dei loro diritti naturali alla socialità, al movimento, al gioco, all’apprendimento sereno e gioioso? Il rischio di causare in loro patologie psichiche gravi o gravissime è molto elevato, a fronte di un basso o bassissimo rischio sanitario. Misure eccezionali richiedono prove eccezionali. Ma quali sono queste prove? Dov’è la valutazione del rischio psicologico? Possibile che nessuno ci abbia pensato nel CTS? Alcune misure previste potevano avere senso durante il momento peggiore dell’epidemia, ma ora appaiono ben poco giustificate. I positivi di oggi sono quasi tutti asintomatici, cioè sani, cioè inoffensivi. Lo stesso immunologo statunitense, dr Anthony Fauci, membro eminente della Task Force per il Coronavirus, ha dichiarato in conferenza stampa ufficiale[8] mesi fa che “l’unica cosa di cui storicamente le persone devono rendersi conto è che, anche se c’è una trasmissione asintomatica, in tutta la storia dei virus respiratori di qualsiasi tipo la trasmissione asintomatica non è mai stata la causa dei focolai. Il responsabile dei focolai è sempre una persona sintomatica. Anche se c’è un raro caso di persona asintomatica che potrebbe trasmettere, un’epidemia non è determinata dai portatori asintomatici.” Ripeto: Fauci dice che solo chi ha i sintomi può essere causa di focolai infettivi. I positivi di oggi per lo più non hanno sintomi, cioè sono SANI. E anche questa è una buona notizia, sebbene i media sembrino preferire quelle cattive, e chiamare “casi” o “contagiati” individui sani con tracce di virus al tampone, che non misura la carica virale.
Per darvi un’idea vivida di che cosa aspetti i bambini italiani al rientro a scuola, vi leggo però un messaggio arrivato da un’insegnante di scuola primaria il 2 settembre: “Dunque, oggi pomeriggio, in videoconferenza, si è svolto il Corso di Formazione anti Covid sulle misure di sicurezza e applicazione del protocollo stilato dalla scuola, in base alle normative dettate dal CTS. Dopo lunga delucidazione da parte del formatore e del medico che, per il PERIODO di emergenza, affiancherà le scuole del nostro distretto, si è arrivati ad una conclusione: Che non si può lavorare! Fermi nei banchi ad un metro di distanza, due dal docente, senza mascherina (se non si muovono) … Con mascherina se si avvicinano di pochi centimetri a chiunque altro. I fazzolettini con reflussi organici buttati in appositi contenitori. Tutto il materiale didattico (ma anche i giocattoli, alla materna) sarà esclusivamente ad uso personale… vietato lo scambio anche temporaneo. Ogni verifica (in fogli) una volta consegnata, sarà raccolta con i guanti, dal docente, che la dovrà mettere in quarantena per almeno 48h prima di correggerla, ogni libro prestato o preso in biblioteca pure. Tutte le superfici continuamente sanificate. È preferibile che ogni docente, abbia un sacchetto proprio per i gessetti (per la lavagna) … Le finestre aperte ogni ora, anche in caso di pioggia. L’impianto di riscaldamento continuamente controllato. La ricreazione, fatta da seduti in classe se piove o in piccoli gruppi a distanza di un metro (??), vedrà l’alunno ingurgitare velocemente lo snack… e rimettersi la mascherina, fermo, senza agitarsi e senza alzare la voce. I bagni sanificati ad ogni passaggio… Non si potrà alzare la voce (troppi droplet), non si potrà cantare, suonare uno strumento (andrebbe sanificato), usare un PC della scuola (per lo stesso motivo), non si potranno fare attività di laboratorio, non si potrà lavorare a coppie o a gruppi. La lezione sarà SOLO frontale… la PEGGIORE per i ragazzi con BES, per non parlare degli iperattivi inchiodati ai banchi… Fino allo sclero! E con i bimbi disabili… ne vogliamo parlare? “
Poi, continua la docente, “Sarà istituita la saletta Covid, dove, in caso di sintomi sospetti, l’alunno sarà portato in attesa che i genitori vengano a prenderlo, mentre il referente Covid avviserà la ASL e cercherà di risalire alle frequentazioni pregresse (con l’influenza ti voglio! I sintomi sono uguali!). Lo starnuto nel gomito o nel fazzoletto (ma i più piccoli lo ricorderanno?). I maestri NON POTRANNO soffiare il naso ai più piccoli… Non potranno abbracciare i bambini che piangono (e i bambini a scuola piangono, anche alle medie). Tutto a distanza, sempre! Per le attività motorie, svolte senza mascherina, le distanze dovranno essere di 2 metri, ma assolutamente banditi sport di squadra, gruppo e contatto. I ragazzi eseguiranno un corpo libero FERMI sul posto. La Palestra sarà sanificata dal personale ATA ad ogni cambio d’ora. La docente, se adoperati, sanificherà gli attrezzi. Vi saranno percorsi, cartelli, segnaletiche, tutto nel più rigido controllo, sanzionato se si rendesse necessario. Il mio è un istituto comprensivo e non c’è stato UN solo docente, di ogni ordine (materna, primaria e medie) che non abbia alzato gli occhi in modo miserevole esclamando: “Ma come si lavora 6/8 ore così??”. I due preposti alle informazioni, pur comprendendo il nostro sgomento, in tono monocorde, ripetevano che: QUESTA È LA NORMATIVA per TUTTI e che la differenza tra UN’AZIENDA e UNA SCUOLA… è ABISSALE! Ma la normativa è uguale. Chi, per un solo attimo, ha pensato che tornare a scuola sarebbe stato come prima, non si illuda. [Seguono 44 pagine con dettagli da terapia intensiva] “, conclude sconsolata la maestra.
Questa infatti non è scuola, è un incubo sanitario. Parecchi docenti stanno chiedendo aspettativa non retribuita, pur di non rendersi complici di questo orrore. Quelli che rimarranno, nonostante l’abnegazione e la dedizione che li spingerà a tentare i miracoli, come sempre, si troveranno presto in dissonanza cognitiva, non avendo più alcun margine di libertà di insegnamento e dovendo gestire il malessere degli alunni. Ci aspettiamo che anche loro possano manifestare un disagio psicologico. Un eccesso di medicalizzazione del genere, per i danni irreparabili che infligge al sano sviluppo dei bambini, specie ai più piccoli, somiglia di più ad una forma di maltrattamento sistematico e organizzato, una forma di ipercura istituzionale, con esiti devastanti per loro e per la società intera, tanto più perché sostenuto dall’autorità. Si chiede ai bambini di rinunciare ad essere bambini, si inducono in loro fobie e senso di colpa, li si invita a segnalare i trasgressori. Chi ne ottiene un vantaggio? Loro non di sicuro, magari qualcun altro, magari chi parla compiaciuto di una “nuova normalità”, come se la disumanità fosse un destino senza ritorno. Come minimo, questi ragazzi odieranno la scuola, e a ragione. Ricordiamo che per l’OMS è maltrattamento all’infanzia quello “che ha come conseguenza un danno reale o potenziale alla salute del bambino, alla sua sopravvivenza, sviluppo o dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, fiducia o potere”. Privare un bambino di tutto ciò che gli permette una crescita sana e felice proprio nel contesto della scuola che ha come scopo quello di custodirne e svilupparne le infinite potenzialità è contrario ad ogni principio pedagogico, psicologico e di umanità. Non c’è ragione al mondo che lo possa giustificare. Ed è certamente un danno, uno dei più gravi che si possano infliggere all’infanzia. Un attentato imperdonabile al futuro dei bambini, ai cui responsabili verrà chiesto conto dal tribunale della storia.
Poiché il rischio zero non esiste, che senso ha concentrare ogni sforzo sanitario ed una spesa pubblica enorme per contrastare un’unica patologia che non colpisce i bambini e gli adolescenti se non in modo del tutto marginale, trascurando tutto il resto? La salute, secondo la definizione OMS, è “un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia”. La salute è un diritto, non un obbligo, e va protetta nella sua globalità. Non c’è salute senza benessere psicologico e non ci sono né salute né benessere senza relazioni sane e soddisfacenti[9][10]. Imporre mascherine, distanziamento, disinfezione continua degli ambienti, regole da carcere sanitario con tanto di punizioni e minacce, didattica a distanza, esami sanitari invasivi, isolamento sociale e delazione distruggerà la mente dei nostri figli. Come dicono i medici con amara autoironia, magari la cura funzionerà, ma il paziente sarà morto.
L’uso prolungato delle mascherine ostacola la comunicazione verbale e quella non verbale, che rappresenta più del 90% della comunicazione umana e che passa in misura consistente attraverso la mimica facciale (noi umani abbiamo oltre 200 muscoli dedicati solo all’espressione del volto). La percezione e il riconoscimento delle espressioni facciali sono implicati nello sviluppo delle competenze empatiche, nella comprensione delle intenzioni altrui, nel riconoscimento dei volti, nell’espressione e nella comunicazione delle emozioni, come hanno spiegato gli psicologi Ekman e Friesen[11], Baron-Cohen[12] ed altri. Poiché questa abilità, per cui abbiamo una predisposizione innata, si apprende dall’esperienza mediante apposite vie neurali, imporre la mascherina in età evolutiva potrebbe interferire con un processo di sviluppo cerebrale, con la probabile alterazione o compromissione di alcune fondamentali competenze emotive e sociali, indispensabili per una normale vita di relazione. Diciamo “probabile” perché uno studio sperimentale sui bambini non ci risulta che esista ancora, non essendoci precedenti, e comunque incontrerebbe non pochi ostacoli di natura etica, proprio perché potenzialmente dannoso. La ridotta capacità di riconoscimento delle espressioni facciali è correlata da diversi studi alla schizofrenia[13], così come il deficit nella teoria della mente è collegato da Baron-Cohen[14] e altri ai disturbi dello spettro autistico. L’assenza di empatia è stata invece associata al disturbo antisociale e ai comportamenti violenti[15][16], benché gli studi sugli adolescenti non abbiano ancora condotto a risultati conclusivi, per ragioni soprattutto metodologiche[17][18].
Il distanziamento fisico inibisce la socialità, il contatto e la vicinanza che sono i bisogni più fondamentali di ogni essere umano, anzi, di ogni mammifero, come ha spiegato magnificamente l’etologo Frans De Waal nel suo libro L’ultimo abbraccio. Bloccare un impulso naturale come la socialità, che è connesso alla produzione di ossitocina, l’ormone dell’amore, dei legami e dei comportamenti prosociali, può generare, come effetti a breve termine, sentimenti di disperazione, incertezza, tristezza o insicurezza[19][20][21][22], disturbi emotivi, disturbi del sonno, irritabilità e agitazione psicomotoria, sindromi depressive, disturbi d’ansia, stress e burnout[23][24]. A lungo termine, ci possiamo aspettare, sulla base delle ricerche disponibili sull’isolamento sociale e degli effetti sul sistema immunitario, depressione[25][26], diminuzione dell’autostima[27], diminuzione della capacità di apprendere[28], diminuzione della competenza empatica[29][30], ridotta resilienza[31], infiammazione e malattie autoimmuni[32], ipertensione[33][34][35][36], patologie cardiache[37] e oncologiche[38], disturbi del comportamento alimentare[39], disturbi comportamentali[40]. Non possiamo offrire dati certi sul futuro, perché una situazione come questa non si è mai verificata a memoria d’uomo. Si tratta di una sorta di esperimento sociale senza preventiva valutazione etica. Ma sulla base di ciò che sappiamo, ci aspettiamo dall’insieme di queste misure disumanizzanti protratte nel tempo un incremento non quantificabile ora di casi di ansia, fobie, depressione, suicidi, dipendenze, ossessioni di igiene, pensieri deliranti[41], sospettosità paranoide, ipocondria. L’allarme sull’aumento dei suicidi e delle morti per overdose di stupefacenti negli studenti delle superiori in conseguenza del Covid-19 arriva già dagli Stati Uniti. Il dottor Robert Redfield, direttore del CDC, ha affermato a fine luglio che le morti per suicidio e quelle per overdose hanno superato quelle per Covid fra i giovani delle superiori[42]. Gli autori una ricerca pubblicata ad aprile su una importante rivista di psichiatria scrivono: “Dal punto di vista della prevenzione del suicidio, è preoccupante che la strategia sanitaria cruciale per la crisi da Covid-19 sia il distanziamento sociale”[43]. [Per i giornalisti: possiamo consegnarvi alla fine l’elenco puntuale degli studi scientifici a cui facciamo riferimento per ogni singola affermazione].
E poi misure invasive e di dubbia utilità come il tampone, per di più ripetuto, l’isolamento dei presunti “sintomatici” o, peggio ancora, degli asintomatici (cioè SANI), la negazione del contenimento emotivo tramite l’abbraccio, le carezze, il sorriso, il gioco, gli insegnanti trasformati in carcerieri e i dirigenti in sceriffi, che effetto faranno sui più piccoli? Ma voi vi ricordate il vostro primo giorno di scuola? Come lo vivreste in una situazione del genere, soli e immobili nel vostro banco, senza vedere in faccia né i compagni né le maestre, prelevati, isolati e tamponati dal 118 nel naso con uno stecco di 13 cm alla prima febbre, senza giochi, senza canto, senza risate, senza contatto fisico con nessuno, davanti ad una maestra piena di paura che vi tratta come un appestato e vi sgrida ad ogni movimento? Vorreste ritornarci il giorno dopo? Penso proprio di no. Questa, ripeto, non è scuola nemmeno lontanamente. È una follia di menti insane degna della peggiore distopia.
Si sta minando la salute psichica di milioni di bambini e adolescenti per l’asserita, ma non dimostrata intenzione di proteggerli da un rischio quasi inesistente per loro o, peggio ancora, per l’asserita, ma non dimostrata finalità di proteggere altri a prezzo del loro sacrificio. Non è sicurezza ciò che distrugge l’anima e tutto ciò che ci rende umani, ma ha un altro nome più oscuro, che lascio a voi trovare. Ricordo che l’isolamento sociale prolungato dei detenuti è considerato una forma di tortura. E nemmeno la didattica a distanza è una soluzione, perché oltre all’isolamento sociale, alla dipendenza, ai danni alla salute psicofisica che sono ampiamente documentati come conseguenza dell’uso prolungato dei dispositivi digitali, con la DAD, specie per i più piccoli, ma non solo, non sono possibili l’apprendimento della scrittura, l’apprendimento della lingua, l’apprendimento della matematica, delle scienze sperimentali, del disegno, della musica, della motricità, le attività di laboratorio tecnico-professionali, il dialogo, la discussione, le competenze sociali, l’emozione della scoperta, le competenze di cittadinanza democratica, la costruzione del sé, l’autostima, per citarne solo alcune. Senza contare la discriminazione sociale che ne consegue e la sistematica violazione della privacy.
La domanda che vi rivolgo perciò è se è davvero questo che vogliamo per i nostri bambini. Pensate che ricordo avranno della scuola. La sofferenza psicologica dei bambini può manifestarsi a scoppio ritardato e in modi imprevedibili. Secondo un’importante ricerca statunitense guidata dal prof. Loades[44], l’impatto della solitudine sulla salute mentale potrebbe durare almeno 9 anni, gli effetti potrebbero essere ritardati e potrebbero essere necessari fino a 10 anni per capire la portata dell’impatto sulla salute mentale creato dalla crisi Covid-19. Nessuno di noi adulti, genitori, insegnanti, politici, medici, esperti del CTS ha lontanamente il diritto di infliggere una simile sofferenza a chi è affidato alle nostre cure. Noi siamo i custodi dei bambini, non i loro aguzzini. Noi comprendiamo i genitori che hanno paura della malattia e vogliono proteggere i propri figli. L’obiettivo è giusto, è il mezzo che non va bene. Non possiamo sacrificare i loro diritti alla nostra paura, dandoci la penosa giustificazione che insegniamo loro ad essere responsabili. Noi siamo responsabili per loro, non loro per noi. Se non li proteggiamo dal vero pericolo, che per loro non è il virus, ma la perdita dell’infanzia e della socialità, ne porteremo per sempre il peso sulla coscienza e non potremo dire a noi stessi che non lo sapevamo o che la nostra incolumità era più importante della loro. I bambini sono sacri e vanno rispettati; sono un fine, non un mezzo. Il gioco è un diritto umano fondamentale, come il movimento, il contatto, la spontaneità, la gioia, la relazione calda, sintonizzata e amorevole. Nessuno li può comprimere e ogni intervento attuato in nome della salute deve proteggerli con ogni mezzo. Inutile inserire nelle scuole lo psicologo, se mancano la normalità, la serenità e la gioia, in una parola la VITA. È la relazione che cura e getta le basi dell’intersoggettività. Se vogliamo proteggere la loro salute, bisogna trovare una strada meno dannosa.
Tuttavia, c’è un’altra buona notizia. Possiamo fare molto per i nostri figli. Possiamo imparare noi e insegnare loro a gestire la paura, la rabbia e la tristezza, a proteggere se stessi, a riconoscere i segnali di disagio, a proteggere la loro gioia interiore; possiamo intervenire quando i loro diritti vengono violati; possiamo creare intorno a loro un ambiente accogliente, vivo e nutriente, a contatto con gli altri e con la natura; possiamo insegnare loro come proteggere la propria salute con uno stile di vita equilibrato; possiamo insegnare loro ad ascoltare il proprio Sé profondo e a difendersi dalla manipolazione, che nella comunicazione mediatica di questi mesi è stata usata a profusione, con tutto il repertorio delle più scaltrite tecniche psicologiche di controllo del comportamento, che noi psicologi abbiamo riconosciuto al volo. Per esempio, possiamo insegnare loro che le leve della manipolazione sono la paura, il senso di colpa, l’inadeguatezza, la riprovazione sociale e la spinta al conformismo, la denigrazione dell’altro, la contrapposizione di idee e posizioni, l’indifferenza al bene individuale, mascherata dall’appello alla responsabilità per gli altri, l’incoerenza, la falsità ripetuta, l’uso divisivo e svalutante del linguaggio, la pressione informativa, che consiste nel dare come scontato ciò che invece andrebbe dimostrato.
Se vogliamo bene ai nostri figli, aiutiamoli a crescere integri. Dove c’è divisione e isolamento, nella persona o nella società, c’è solo infelicità e dolore. E noi vogliamo promuovere per loro gioia, bellezza, vita, verità, amore, creatività, cooperazione, da cui dipendono salute e benessere.
Noi psicologi di SinergEtica saremo a vostra disposizione per condividere con voi risorse di resilienza, ossia l’attitudine ad affrontare le avversità, uscendone più forti. Preferiamo prevenire che curare e ci rivolgiamo a tutti, senza distinzione. Abbiamo sofferto insieme i lutti, il disagio e gli effetti economici tragici di questa situazione. Condividiamo tutti insieme un destino comune. Non siete soli, e noi siamo tanti. Come disse il Mahatma Gandhi, “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”.
Che questo resti a futura memoria.
Dott. Sa Patrizia Scanu, Psicologa clinica, Gestalt Counsellor, docente liceale
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